mercoledì 11 marzo 2020

Midsommar – Il villaggio dei dannati (Midsommar, Ari Aster, 2019)

 
In controtendenza rispetto al del resto del film, dalla fotografia luminosa e dai colori sgargianti, l’incipit di Midsommar è freddo e cupo: dopo una serie di inquadrature notturne su alberi quasi del tutto immobili, sommersi da una coltre di neve che nell’oscurità appare grigia e opaca, l’occhio della macchina da presa si sposta su una cittadina e poi su una villetta, senza comunque rintracciare alcun segno di vita. Un carrello si muove orizzontalmente attraverso una stanza, giungendo infine ad un letto dove un’attempata coppia dorme placidamente, almeno in apparenza, seppure in una rigida posizione supina che ricorda, complice l’atmosfera funerea, quella di due morti all’interno di una bara. L’assenza di vita è annunciata dalla composizione dell’immagine prima ancora di essere realizzata nella trama; la casa è in realtà un sepolcro in costruzione. Allo spettatore è concesso di sbirciare brevemente il teatro della tragedia che investe la vita della protagonista, Dani (Florence Pugh), mentre è in corso.