Fermata d'autobus
L'orizzonte continua ad essere sgombro
da mezzi pubblici nonostante il suo scrutare spazientito. Sbuffa
lievemente: sta aspettando il pullman da almeno un quarto d'ora. Probabilmente è passato proprio pochi minuti prima che lei
raggiungesse la fermata. Arriverà sicuramente in ritardo a lezione,
tutti i posti a sedere saranno occupati e sarà costretta a sedersi
per terra, cercando senza successo di bilanciare il quaderno su un
ginocchio. Il miglior modo possibile di iniziare una settimana.
Le poche macchine che passano sembrano
quasi prendersi gioco di lei nella loro noncuranza. Lancia occhiate
di fuoco agli incauti passeggeri che, distrattamente, si voltano a
guardarla. Non sa nemmeno perché se la prende con loro: sarà odio
di classe, chi lo sa. Non ha niente altro da fare: ha dimenticato il
libro che sta leggendo sul tavolo della cucina ed è sicura che se
tornasse indietro a prenderlo il maledetto ammasso di ferraglia male
avvitato sfreccerebbe davanti al suo naso. Un quarto d'ora può
sembrare interminabile se non si ha niente da fare. Alla pensilina è
stata persino tolta la panca: tutto ciò che può fare è andare
avanti e indietro sul marciapiede, nervosamente.
Una voce si avvicina progressivamente
alla fermata: si volta e vede un'altra ragazza che come lei sta
aspettando il pullman, e nel frattempo sta parlando al telefono con
qualcuno.
«Sì, gliel'ho già detto. Quando
arrivo a casa sistemo io. Senti, mi sono dimenticata di...»
È impossibile per lei non origliare:
dovrebbe tapparsi le orecchie. Il traffico non è abbastanza rumoroso
da coprire le sue parole e si sta annoiando terribilmente. Cerca di
non darlo troppo a vedere.
«Puoi farlo tu? Grazie. Ah, già, mi
ero dimenticata che domani dovrò andare in centro per quella cosa,
tu sei a casa? Se no posso...»
Pensa distrattamente al suo cellulare,
abbandonato sul fondo della tasca frontale del suo zaino, sommerso da
pacchetti di fazzoletti, salviette umidificate e chiavi. Non sa
nemmeno se è ancora carico.
«L'ho sentito poco fa, gli ho già
detto del colloquio. Speriamo bene. Ok, a dopo. Ciao!»
Il suo cellulare è ancora acceso,
anche se la batteria è piuttosto scarica. Non ci sono né messaggi
né chiamate perse. La vista dell'ora sul display risveglia la sua
frustrazione: sono passati venti minuti e ancora l'autobus non è
passato. Rimette il cellulare a posto e ricomincia la sua passeggiata
senza meta. Con la coda dell'occhio getta uno sguardo alla ragazza:
ha ancora il telefono in mano, sta rispondendo ad un messaggio. Una
lunga macchina grigia passa rasente al marciapiede; un uomo di mezza
età in giacca e cravatta la guarda distrattamente, lei ricambia con
uno sguardo cupo. Se avesse con sé i suoi occhiali da sole (li ha
dimenticati nella borsa rossa) se li infilerebbe subito,
infischiandosene del fatto che sia autunno inoltrato, per schermarsi
dagli sguardi altrui.
«Pronto? Ciao. Sì, l'ho appena
chiamata e le ho detto tutto. Ti ricordi che domani dobbiamo...»
La ragazza ha di nuovo il telefono
all'orecchio e lei si chiede come sia possibile che ci sia tutta
questa gente che a metà mattina non ha nulla da fare. Sarà la
crisi.
«Sì, ne abbiamo parlato. Ah, davvero?
Sono molto contenta per loro! Presto toccherà a noi, sono
emozionata...»
Purtroppo non può allontanarsi
abbastanza da non sentire tutto quello che sta dicendo.
Un'altra ragazza si avvicina alla
fermata con le mani in tasca e la bocca sepolta nella sciarpa, e lei
si volta a guardarla. Una volta arrivata sotto la pensilina estrae il
cellulare e comincia a scorrere i contatti della rubrica. Senza
volerlo si ritrova a pensare che nella sua rubrica il numero dei
contatti che non chiama da anni è preoccupantemente alto. La persona
che le invia più messaggi in assoluto è il suo gestore telefonico.
La osserva mentre avvicina il telefono all'orecchio. Alle dita porta
un lucido smalto azzurro. Le sue sono corte e nude.
«Ehi! Sono io. Ho letto il tuo
messaggio e volevo spiegarti bene come stanno le cose...»
«Ho suonato ma non c'era. Le ho
scritto un messaggio, spero che lo legga prima di giovedì. Stasera
cosa facciamo? Per cena ho diverse idee...»
«Non è proprio così. In realtà
quello che è successo è molto più banale...»
«Non so, quel colore non mi convince
molto. Dici che un color crema ci starebbe tanto male?»
Finalmente si decide: abbandona la
pensilina e inizia ad incamminarsi verso la fermata successiva, che
non è poi così lontana. Magari lì sarà sola, oppure non ci sarà
campo.
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