mercoledì 20 luglio 2016

La canzone del mare (Song of the Sea, Tomm Moore, 2014)


Un lungometraggio animato è sempre la fine di un percorso di sintetizzazione e semplificazione del reale; ciò che lo differenzia da un film dal vivo, infatti, è la necessità di creare un modello a partire dalla realtà entro cui inserire la propria storia, di scovare all'interno della complessità del visibile quelle linee cinetiche e quelle forme specifiche che rendono qualcosa riconoscibile ad un primo sguardo, inserendolo all'interno di un determinato stile grafico del quale l'intera opera porterà l'impronta. Questo è un processo di elaborazione solitamente lungo, complesso e costoso, e che perciò solo imponenti studi con grandi entrate possono, generalmente, tenere in piedi in relazione a durate superiori all'ora. Le regole però, come si suol dire, sono fatte per essere smentite, come dimostra La canzone del mare



Ben e la sua sorellina Saoirse, che ha raggiunto i sei anni senza aver mai parlato, vivono con il padre vedovo in un faro posto su un isolotto della costa irlandese. La scomparsa della madre, avvenuta nello stesso momento della nascita della secondogenita, aleggia ancora sopra l'intera famigliola come un'ombra pesante, che incupisce l'unico genitore rimasto e rende difficile i rapporti tra fratello e sorella. Il sopraggiungere della notte di Halloween metterà in moto una serie di eventi legati alla mitologia del luogo, portando alla luce segreti a lungo taciuti. 


Non è per nulla inusuale che le storie del cinema d'animazione arrivino ad esso dalla tradizione o dalla mitologia; tuttavia spesso si tratta di versioni appositamente adattate per essere appetibili al più vasto pubblico possibile, globali più che locali. La canzone del mare, diretto dall'irlandese Tomm Moore e sostenuto da una pletora di piccole case di produzione europee, non potrebbe essere più lontano dai colossi hollywoodiani e dalle loro strategie di mercato. Le radici della sua storia, scritta dallo stesso Moore e sceneggiata da Will Collins, sono profondamente piantate nel fertile terreno del folklore irlandese, messo in scena con l'amore e la cura che solo chi vi è cresciuto in mezzo può infondere; le numerose canzoni, suggestive e memorabili, sono parte integrante ed inscindibile della vicenda tanto quanto i dialoghi. Abbiamo parlato, poco sopra, della necessità della semplificazione per quanto riguarda il processo di animazione: una simile linea di pensiero può essere applicata anche alle sceneggiature che di tale percorso costituiscono il punto di partenza ed il fondamento. Le fiabe e i racconti per l'infanzia devono saper arrivare al nocciolo e ripulirlo da tutto ciò che è superfluo; quando questo processo non va a buon fine, quello che si ottiene è un'irritante faciloneria, ma se invece riesce, si rimane profondamente colpiti dalla struggente purezza delle immagini, dalla brillante chiarezza con cui i concetti sono esposti ed i conflitti presentati e risolti. La canzone del mare esce indubbiamente vincitore da questa sfida, intrecciando mitologia e presente in un'universale storia familiare. 


Andreas Deja, animatore polacco tra i principali fautori del ritrovato successo dei lungometraggi animati Disney negli anni novanta, ha parlato a più riprese sul suo blog della tendenza iperrealistica principalmente seguita dall'animazione in computer grafica di oggi, che ha soppiantato la ricerca grafica tipica dell'animazione tradizionale, che caratterizzava i personaggi e gli sfondi tanto da renderli immediatamente riconoscibili come appartenenti ad una certa opera, imbevendoli di influenze storiche ed artistiche che arricchivano la narrazione. Il film diretto da Tomm Moore non è animato tradizionalmente, ma certamente i precetti seguiti sono gli stessi a cui per decenni si è rifatta l'arte del disegno in movimento; il design dei personaggi li caratterizza ed esprime la loro posizione all'interno della storia tanto quanto le battute, e lo spazio viene rappresentato non secondo un criterio realistico, ma prestando attenzione all'estetica e al significato del singolo fotogramma, scivolando fluidamente tra bidimensionale e tridimensionale, con una piacevole aria da libro illustrato.


L'uscita di un lungometraggio di animazione indipendente è un evento più unico che raro all'interno del panorama cinematografico mondiale: già questo basterebbe a giustificare una visione de La canzone del mare, che è inoltre un film piacevole per gli occhi, per le orecchie ed il cuore, tanto che non si rimane per nulla stupiti dalla sua candidatura al premio Oscar come miglior film d'animazione nel 2015.

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