mercoledì 14 dicembre 2016

Monsters (Gareth Edwards, 2010), la recensione


 Generalmente “film di mostri a basso budget” e “qualità cinematografica” non sembrano poter rientrare nella stessa frase, ma nel 2010 Gareth Edwards con il suo Monsters è riuscito ad unirli talmente bene da attirare l'attenzione delle major hollywoodiane, che negli anni successivi gli hanno affidato il nuovo film di Godzilla (uscito nel 2014) e il primo spin-off dell'universo di Star Wars, Rogue One: A Star Wars Story, che approderà sugli schermi cinematografici della nostra galassia domani. 



Con una squadra sul set di appena sette persone (compresi i due attori principali), tanto piccola da essere spostata con un unico pulmino, il giovane regista inglese è approdato in America Centrale con l'obbiettivo di girare una sorta di road movie nel mezzo di un'invasione aliena. La storia segue il tortuoso viaggio di ritorno negli Stati Uniti di Andrew (Scoot McNairy), un fotografo senza troppi scrupoli, che è stato incaricato di riportare a casa Samantha (Whitney Able), la figlia del datore di lavoro di lui. I due si troveranno costretti ad attraversare la cosiddetta “zona infetta”, al confine tra Messico e Stati Uniti, completamente chiusa al passaggio perché ormai habitat di una strana specie giunta sulla Terra dallo spazio tramite una sonda precipitata e che si è dimostrata, per il momento, impossibile da eradicare. 


Monsters è stato realizzato senza la presenza di una vera propria sceneggiatura, ma soltanto con alcune idee generali su quello che sarebbe dovuto succedere: gli attori hanno poi improvvisato i dialoghi. Gli esterni sono stati girati spesso in assenza di permessi e con un'attrezzatura minima, con lo stesso regista a ricoprire anche i ruoli di direttore della fotografia ed operatore. Privare i dialoghi della supervisione di uno sceneggiatore, oltre a contenere ulteriormente i costi, ha un vantaggio, cioè la possibilità di ottenere conversazioni estremamente spontanee e naturali, ma anche uno svantaggio, perché i due interpreti, in mancanza di una direzione più o meno stabilita verso cui dirigersi, tenderanno a percorrere strade già conosciute. La storia d'amore, pertanto, naviga su acque tranquille, attraversando tutti i più classici luoghi comuni che costellano tante relazioni cinematografiche. C'è da dire che in ogni caso questo non la rende un impedimento allo svolgimento della storia, e anzi, scorre abbastanza liscia, tutt'al più un po' sottotono. Le migliori parole pronunciate sono affidate alla voce di Andrew nel momento in cui giustifica il suo dover essere, per lavoro, l'occhio che fotografa la tragedia e la miseria. 

Gareth Edwards durante le riprese di Monsters

Dove il film funziona davvero è nella capacità di mantenere una grande forza narrativa senza perdere l'immediatezza che ha apportato questo metodo di lavorazione. Le scene nel loro insieme hanno l'apparenza di un reportage su una zona di guerra costruito giorno per giorno con quello che ci si trova davanti sulla strada. Si rimane stupiti nel leggere le dichiarazioni in cui Edwards afferma di non avere intenzionalmente dotato il film di un sottotesto politico, perché dall'opera finita emergono immagini e suggestioni che, almeno nel 2016, non possono non far pensare ai viaggi della speranza che tanti esseri umani intraprendono per arrivare in Europa; ambientare la vicenda proprio su uno dei confini più attraversati – legalmente e soprattutto illegalmente – del mondo non fa che porre maggiore enfasi su questo tema. I due cittadini americani, dopo il furto dei passaporti, si trovano costretti a ripercorrere le stesse pericolose strade che tanti sudamericani meno fortunati di loro hanno già calcato, e questo diventa, per i protagonisti e per lo spettatore, inevitabile materiale di riflessione. 

Gareth Edwards espone le tecniche usate per gli effetti speciali durante una conferenza.

Gli effetti speciali, utilizzati ovviamente con parsimonia, sono efficaci e di qualità più che buona, e il giudizio non può che essere ancora più favorevole se si considera che sono stati interamente creati dal regista, che ha lavorato per dieci anni nel campo dell'animazione digitale alla BBC, sul proprio computer. Il modo in cui vengono messi in scena gli alieni, somiglianti a giganteschi mostri marini, è interessante: in fondo non sono altro che immensi animali impegnati a portare avanti il loro ciclo vitale, e la scena finale si risolve in uno spettacolo inaspettato. Risulta evidentissima l'influenza di quest'ultimo tema su Godzilla (anche i M.U.T.O. prima di essere mostri sono animali). Più pericolosi della minaccia aliena sembrano, piuttosto, gli umani e nella fattispecie gli americani, che bombardano senza pietà per le popolazioni residenti le zone infette, senza ottenere, peraltro, risultati apprezzabili.
È sorprendente la quantità di temi e spunti che questo piccolo film dal budget ristrettissimo, girato in poche settimane quasi sul momento, riesce a contenere: sarebbe stato facile perdere la bussola e mandare in cortocircuito la trama, trasformarlo in un'accozzaglia di riprese e scene alle quali neppure il montaggio sarebbe riuscito a restituire un senso. Monsters supera gli ostacoli con un'abilità insospettabile per essere un'opera prima, mantenendo ritmo e riflessione senza smarrirsi.

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