venerdì 20 marzo 2015

Tropico del pullman

Si aggrappò alla sbarra del pullman con un moto di fastidio: era appiccicosa e viscida come se un vapore umido da foresta pluviale vi si fosse depositato sopra. Alzò lo sguardo speranzoso sopra le teste e i corpi degli altri passeggeri, pregando tra sé e sé che scattasse il verde e che l'esasperante e lento movimento del vecchio motore surriscaldato generasse almeno un flebile venticello. Il borbottio aumentò e il movimento improvviso in avanti fece ondeggiare tutti. Urtò con l'avambraccio una signora: il ventaglio le cadde di mano con un tonfo soffocato. Si scusò con un cenno e si infilò con fatica in mezzo alla selva aggrovigliata di gambe. I suoi occhi si adattarono presto alla penombra e frugarono in ogni anfratto, sotto ogni lembo di gonna, dietro ad ogni polpaccio e intorno ai tanti manici di borse trattenuti pigramente tra le mani, appesi come flessibili liane ad un albero. Un bambino piccolo con addosso una maglietta variopinta lo scrutò da qualche metro più avanti, canticchiando tra sé e sé. Si asciugò la fronte con il dorso della mano. Fortunatamente il ventaglio non era andato molto lontano: si era incuneato tra due paia di scarpe da tennis. Allungò la mano destra e lo afferrò con la punta delle dita. Si rialzò un po' a fatica e restituì l'oggetto alla legittima proprietaria, che lo ringraziò profusamente. Riconquistò la sua posizione accanto alla tiepida sbarra metallica appena prima della sosta alla fermata: le porte si aprirono con un leggero risucchio e lui chiuse gli occhi cercando di gustare fin nel più minimo dettaglio il lieve refolo d'aria fresca che s'insinuava tra i ranghi serrati dei passeggeri. Qualcuno gli infilò un gomito nella schiena e una pesante borsa di pelle trovò il modo di adagiarsi scomodamente sul suo ginocchio: cercò di non pensarci, volgendo tutte le sue sinapsi all'unico scopo di godere di quel piccolo, temporaneo piacere. Dopo poco percepì un ronzio vibrante che sembrò inghiottire i rumori esterni: il filo d'aria sparì ed il suo naso si riempì dell'odore appiccicoso e denso di un'operazione collettiva di inspirazione ed espirazione decisamente troppo ravvicinata. Tentò senza troppo successo di trattenere il respiro fino alla fermata successiva. Il pullman avanzava alla sconcertante media di un metro al minuto: c'era molto traffico e dai finestrini aperti al massimo non entrava nient'altro che l'odore pungente del fumo dei tubi di scappamento delle macchine accese attorno a loro, una percussione continua come tanti tamburi appartenenti ad una qualche invisibile tribù. Prese un respiro per quanto gli fu possibile: avrebbe tentato di guadagnare l'uscita.   

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