mercoledì 30 dicembre 2020

Fuori programma: AVANTI

Dopo molte più peripezie di quante ci saremmo mai potuti aspettare, siamo arrivati al termine del 2020. Negli ultimi anni ho riservato alle sole riflessioni cinefile questo piccolo spazio digitale, una scelta dopotutto assai ragionevole. Bisogna pur dare un obiettivo e una forma definita a un blog, non si può farne materia informe e confusa. L'altro giorno, però, mentre camminavo per strada, ho pensato che sarebbe stato bello concludere questo anno così strano tirando fuori dal cassetto un racconto scritto un anno fa e come al solito mai pubblicato, ma inviato soltanto a poche persone di fiducia, tra le quali non posso fare a meno di citare l'amico di vecchia data Andrea Calosso, che oltre a leggerlo con interesse lo ha anche corretto; colgo l'occasione per ringraziarlo. È una storia intima e un po' inquietante, nata dal bisogno di elaborare alcuni rapporti e il loro significato per me, forse addirittura un po' leziosa in certi frangenti. Avendola scritta principalmente per soddisfare una necessità personale, però, non mi sono preoccupata troppo del suo realismo, lasciando che andasse dove le pareva. Credo comunque che possa essere una compagnia abbastanza soddisfacente per chi si immergerà nelle sue righe, magari per il tempo di un tè. Non amo i buoni propositi, mi generano troppa ansia, ma se dovessi sceglierne uno per l'anno venturo, direi: essere più libera di scrivere, creare, andare fuori dai limiti che mi impongo da sola. Auguri a tutti e, per chi vorrà, buona lettura dopo l'intervallo.

domenica 20 dicembre 2020

The Mandalorian – Capitolo 16: Il salvataggio


Lo dichiaro subito, senza girarci troppo intorno, in modo da fugare fin dall'inizio qualunque ambiguità: il finale di stagione di The Mandalorian non mi ha convinto per tutta una serie di ragioni. Mi rendo conto che si tratta di un’opinione impopolare e probabilmente molto personale: proprio per questo ho deciso di usare molto più che in passato la prima persona, invece di sforzarmi di ammantare di obiettività questo articolo. Beninteso: il cambiamento è necessario a tutte le storie, è la spinta che le muove in avanti, ed era dagli ultimi sei episodi che si intuiva che una grossa modifica allo status quo era in arrivo. Il salvataggio (The Rescue) è a tutti gli effetti il culmine di questo processo; è solo che la sua realizzazione e, soprattutto, le conseguenze che porta con sé, mi hanno lasciato con più di qualche dubbio

lunedì 14 dicembre 2020

The Mandalorian – Capitolo 15: Il vendicatore



Il titolo originale del penultimo episodio della seconda stagione di The Mandalorian è The Believer; la traduzione italiana, Il vendicatore, non ne mantiene l’ambiguità. Il tema centrale è indubbiamente la fede in qualcosa, ma non sotto un unico aspetto e non riguardo a un solo personaggio. Sono almeno quattro, infatti, a un certo punto e a differenti livelli, quelli costretti a confrontarsi con le proprie intime convinzioni. Rick Famuyiwa, regista e sceneggiatore, in mezz'ora e con poche battute comunica moltissimo del loro stato interiore. Dal meno al più significativo, li passiamo in rassegna nei prossimi paragrafi. 

lunedì 7 dicembre 2020

Looper (Rian Johnson, 2012)


Una breve premessa: quella che segue è una recensione scritta nel settembre del 2016, pensata per essere pubblicata prima dell'uscita di Star Wars: Gli ultimi Jedi, che Rian Johnson ha diretto. Alla fine, per un motivo o per l'altro, è rimasta sepolta in una cartella del computer, abbandonata a se stessa. Ho pensato che valesse comunque la pena pubblicarla, epurando le riflessioni che erano ormai antiquate, ma mantenendo tutto il resto. 

Nell’anno 2074 verrà inventato il viaggio nel tempo, ci racconta il protagonista Joe nel voice over che apre Looper. Verrà immediatamente reso fuorilegge, ma le mafie se ne serviranno per liberarsi delle persone scomode inviandole nel passato, nell’anno 2044, perché nel futuro sarà impossibile disfarsi di un corpo; quando arriveranno, legate ed incappucciate, troveranno ad attenderle un uomo, incaricato di ucciderle con un colpo di fucile. È un lavoro semplice, alienante, persino banale nella sua asfittica ripetitività, però remunerativo. Tuttavia c’è un alto prezzo da pagare alla fine della propria carriera: l’ultima vittima che si eliminerà, infatti, sarà il se stesso del futuro, spedito indietro di trent’anni per chiudere il cerchio, il loop. Dopodiché non resta che aspettare, godendosi la vita grazie alla ricca buonuscita. Per Joe, giovane looper al servizio di un’associazione criminale, però, il crudele rituale non andrà esattamente come previsto.

domenica 6 dicembre 2020

The Mandalorian – Capitolo 14: La tragedia


Il sesto episodio della seconda stagione di The Mandalorian inizia proseguendo sulla stessa linea emotiva del finale di quello precedente, con un momento di tenerezza tra il Bambino e Din Djarin (Pedro Pascal) che ben presto si tramuta in malinconia; dietro i discorsi incentrati sul dovere e sulla pura razionalità del mandaloriano si cela l’ansia di un distacco che è percepito come imminente. Ad ogni modo, ciò che colpisce nella scena è la spontaneità delle reazioni del protagonista, che si rivolge alla creatura che protegge senza schermare i propri sentimenti, se non completamente, molto meno che in passato. È un cambiamento che costituisce, in un certo senso, la summa di un percorso la cui traiettoria ha attraversato l’intera stagione, e che ha gradualmente mostrato quanto si sia sviluppato e rafforzato il legame che unisce i due personaggi. Il fatto che si enfatizzi così tanto l’affetto che si è creato e la difficoltà di accettare una potenziale separazione, però, suona sospetto, come il vago presentimento di una prossima sventura. L’apparizione del cartello con il titolo, che si rivela essere La tragedia (The Tragedy), conferma senza ombra di dubbio ogni timore. 

giovedì 3 dicembre 2020

The Mandalorian – Capitolo 13: La Jedi


Scritto e diretto da Dave Filoni, La Jedi (The Jedi) introduce nella sfera del live action Ahsoka Tano, portando alla luce nel contempo tutta l’influenza del cinema giapponese nell’universo di Star Wars. A fare da riferimento principale sono due pietre miliari intimamente connesse tra loro, La sfida del samurai (Yojimbo, Akira Kurosawa, 1961) e Per un pugno di dollari (Sergio Leone, 1964), che del primo è praticamente un rifacimento non autorizzato. La struttura dell’episodio e in particolare alcuni momenti dell’ultimo atto richiamano fortemente questa coppia di pellicole, anche se è doveroso notare come sia Kurosawa che Leone facciano da riferimento ideologico ed estetico all’intera serie sin dalla sua concezione. L’ambientazione della vicenda, però, e alcuni elementi della trama suggeriscono anche ulteriori parentele

martedì 24 novembre 2020

Scherzi del destino: La casa di Jack (The House That Jack Built, Lars Von Trier, 2018)

 

«La scelta è tua», afferma Virgilio (Bruno Ganz) accomiatandosi dal protagonista Jack (Matt Dillon), il freddo e spietato serial killer che ha accompagnato fino al fondo dell’Inferno, ingaggiando con lui una discussione che si dipana per tutto il film. Tale dialogo è scandito dal racconto di cinque efferati omicidi, scelti tra i molti compiuti nell’ossessiva ricerca di un’artistica e gelida perfezione da raggiungersi attraverso l’utilizzo di un’umanità che, una volta privata della vita, non è altro che materiale plasmabile; in questa idea è presente, in un certo senso, un rovesciamento blasfemo del tocco divino che genera la vita. 

lunedì 23 novembre 2020

The Mandalorian – Capitolo 12: L’assedio


Era del tutto prevedibile che l’incontro con Ahsoka Tano annunciato nella scorsa puntata non sarebbe avvenuto immediatamente; L’assedio (The Siege), però, non è un diversivo poco significativo per giocare ancora un po’ con l’attesa di un grande evento, ma porta avanti la trama concentrandosi sugli antagonisti, invece che sugli eroi, con rivelazioni forse ancora più interessanti di quelle precedenti.

lunedì 16 novembre 2020

The Mandalorian – Capitolo 11: L’erede

 
Mentre l’episodio rilasciato la scorsa settimana, Il passeggero, era fondamentalmente una piacevole parentesi utile a sviluppare il carattere dei personaggi, coinvolgendoli in una piccola avventura la cui conseguenza più evidente era la quasi totale distruzione della Razor Crest (e la sparizione di una manciata di uova, rotolate giù per il tratto digestivo del Bambino), L’erede (The Heiress), invece, pur essendo più breve in termini di minutaggio, fa avanzare significativamente la trama, stabilendo un forte collegamento con le serie animate.

Splatter comedy: tre consigli di visione


Anche se li si considera horror, i film splatter non sempre si pongono l’obbiettivo di spaventare i propri spettatori; esiste, infatti, un folto sottogenere che preferisce esagerare al massimo con il sangue e gli smembramenti, fino a tramutarsi in una sorta di farsa dall’umorismo nerissimo. C’è qualcosa di indubbiamente liberatorio nello sghignazzare sguaiatamente in faccia alla morte. Senza ombra di dubbio uno dei capisaldi del sottogenere è il mai troppo citato Braindead (Peter Jackson, 1992), al quale avevo dedicato un post parecchio tempo fa, e per il quale è stata coniata la definizione di splatstick (fusione di splatter e slapstick). La sua irriverente influenza continua a farsi sentire tutt’ora, e diversi sono i film che in qualche modo ne riprendono gli aspetti più evidenti e truculenti; basti pensare all’assurdo Black Sheep – Pecore assassine (ne avevamo parlato qui), anch’esso opera di depravate menti neozelandesi. Nel corso del tempo ho incontrato, un po’ per caso, altri tre interessanti esponenti della corrente, due dei quali con importanti radici nella terra dei kiwi, ed ho pensato quindi di parlarvene qui, nel caso in cui foste alla ricerca di un film in grado di soddisfare il vostro bisogno di scoprire nuovi incredibili modi di morire in maniera assolutamente ridicola.

martedì 10 novembre 2020

The Mandalorian – Capitolo 10: Il passeggero

«Filler» non è mai usato in maniera troppo lusinghiera quando si parla di serie televisive; è il termine a cui si ricorre ogniqualvolta si vuole tacciare un particolare episodio di essere superfluo nell’economia complessiva della storia. Sotto un certo punto di vista Il passeggero (The Passenger in originale) potrebbe rientrare in tale definizione; almeno al momento attuale i suoi eventi non sembrano essenziali alla trama generale. Eppure non mi sembra corretto considerarlo inutile o, peggio ancora, una perdita di tempo narrativo; se ci si libera della spasmodica necessità di arrivare alla grande rivelazione che sempre si attende dalle vicende che appassionano, ci si riesce a godere il viaggio senza concentrarsi troppo sul traguardo, e ad apprezzare ciò che si incontra lungo la strada.

lunedì 2 novembre 2020

The Mandalorian – Capitolo 9: Lo sceriffo

Se, per amore della conoscenza, si tentasse di determinare l’esatta composizione di Star Wars nel suo complesso, cercando di trovarne le componenti essenziali, si scoprirebbe che la formula è semplice soltanto in apparenza; si comprenderebbe, in realtà, quanto essa è delicata e tutt’altro che facile da ottenere senza un’ottima capacità di analisi e un abbondante affetto per la materia. Jon Favreau, che s’interessa anche di cucina oltre che di cinema, pare aver ben chiare quantità e dosi, e serve al suo affezionato pubblico un primo piatto delizioso e ben congegnato.

mercoledì 11 marzo 2020

Midsommar – Il villaggio dei dannati (Midsommar, Ari Aster, 2019)

 
In controtendenza rispetto al del resto del film, dalla fotografia luminosa e dai colori sgargianti, l’incipit di Midsommar è freddo e cupo: dopo una serie di inquadrature notturne su alberi quasi del tutto immobili, sommersi da una coltre di neve che nell’oscurità appare grigia e opaca, l’occhio della macchina da presa si sposta su una cittadina e poi su una villetta, senza comunque rintracciare alcun segno di vita. Un carrello si muove orizzontalmente attraverso una stanza, giungendo infine ad un letto dove un’attempata coppia dorme placidamente, almeno in apparenza, seppure in una rigida posizione supina che ricorda, complice l’atmosfera funerea, quella di due morti all’interno di una bara. L’assenza di vita è annunciata dalla composizione dell’immagine prima ancora di essere realizzata nella trama; la casa è in realtà un sepolcro in costruzione. Allo spettatore è concesso di sbirciare brevemente il teatro della tragedia che investe la vita della protagonista, Dani (Florence Pugh), mentre è in corso.

mercoledì 26 febbraio 2020

Memorie di un assassino (살인의 추억, Sar-in-ui chu-eok, Bong Joon-ho, 2003)


Lungo una stradina sterrata che costeggia una miriade di campi verdi e rigogliosi, sotto un cielo azzurro intenso, un trattore avanza lentamente; un nugolo di bambini lo insegue festante. Memorie di un assassino si apre con immagini agresti, amene, ma la tranquillità è presto squassata; l’agricoltore che guida il mezzo, infatti, non si avvia ad una lunga giornata di lavoro, ma accompagna l’investigatore Park Du-man (Song Kang-ho) sulla scena di un tremendo delitto. All’interno di un canale di scolo poco lontano è stato rinvenuto il cadavere di una ragazza stuprata e uccisa. Si tratta di un evento inaudito e disturbante nella tranquilla provincia in cui il film è ambientato, che le locali forze dell’ordine sono del tutto impreparate ad affrontare. A coadiuvarle giunge da Seul il giovane e laureato detective Seo Tae-yun (Kim Sang-kyung), i cui metodi finiscono per scontrarsi con quelli, decisamente meno scientifici, di Du-man e del suo irascibile collega Cho Yong-gu (Kim Roe-ha).

domenica 16 febbraio 2020

Note su Snowpiercer



Uno degli elementi più interessanti di Snowpiercer (Bong Joon-ho, 2013) è certamente il mondo nel quale la sua storia si svolge. L’avvento di una glaciazione estrema ha causato nel 2014 l’estinzione di gran parte della popolazione umana, provocata – in maniera piuttosto ironica – da un tentativo di scongiurare gli effetti del riscaldamento globale, rilasciando un agente chimico nell’atmosfera. I pochi superstiti rimasti viaggiano a bordo dello Snowpiercer, un avveniristico treno costruito dal magnate Wilford (Ed Harris), continuamente in movimento lungo un percorso che abbraccia l’intero pianeta. Il mezzo costituisce un ecosistema chiuso, in grado di produrre da sé il necessario per la sopravvivenza, anche se non senza grandi sacrifici

giovedì 6 febbraio 2020

Jojo Rabbit (Taika Waititi, 2019)


Maschere e travestimenti fanno da sempre parte dei giochi infantili; assumere identità ed esplorarle è una componente fondamentale del processo che porta a trovare la propria, e che spesso passa attraverso il riconoscersi come membri di un gruppo dagli specifici valori e obiettivi, un istinto che si raffina in età adulta ma che in un certo senso non scompare mai del tutto. Alla radice del fervente nazismo del giovane protagonista di Jojo Rabbit e dei suoi coetanei vi è in fondo uno spasmodico desiderio di appartenenza, di cui la dittatura si serve crudelmente per i propri scopi bellici. Johannes Betzler (Roman Griffin Davis), del resto, ha dieci anni nel 1945; tutta la sua carriera scolastica si è svolta all’ombra della croce uncinata e del mito del Führer, che idealizza come suo amico immaginario. Ai suoi occhi la propaganda del regime è verità, e il grande carnevale delle divise, delle regole e dei complessi rituali non è una folle recita, della quale Taika Waititi enfatizza la tragicomica assurdità, ma la realtà.

martedì 28 gennaio 2020

1917 (Sam Mendes, 2019)


1917 inizia e si chiude allo stesso modo: sotto un albero nel mezzo di un verde prato, in un'atmosfera amena. Tra queste due immagini simili si snoda una discesa tortuosa e sofferente in un Inferno in Terra. Ai due giovani soldati Blake (Dean-Charles Chapman) e Schofield (George MacKay) viene affidato l’arduo incarico di attraversare le linee nemiche per consegnare un dispaccio al colonnello di un battaglione inglese, pronto ad attaccare i tedeschi in ritirata con i suoi 1600 uomini, senza sapere, però, che il nemico lo sta in realtà attirando in una terribile trappola; a differenza di Dante, che nella sua esplorazione dell’aldilà si era avvalso di sapienti guide in grado di dirigere i suoi passi nella giusta direzione, nessun Virgilio è presente a consigliarli nel loro pericoloso viaggio. Per affrontare coraggiosamente l’orrore del fronte occidentale non potranno che fare affidamento su una bussola e soprattutto l’uno sull’altro.

mercoledì 22 gennaio 2020

Un sogno chiamato Florida (The Florida Project, Sean Baker, 2017)


Un colore in particolare domina i fotogrammi di Un sogno chiamato Florida: è il lilla delle pareti del Magic Castle, uno dei tanti motel sparsi lungo le strade che portano a Disney World a Orlando. La tinta sgargiante e il nome evocativo (che richiama spudoratamente il Magic Kingdom) sono meri mezzi per sfruttare la popolarità del parco e fare presa nella mente di quei turisti alla ricerca di una sistemazione più economica rispetto ai costosi e rinomati alberghi presenti nei dintorni del complesso. In realtà, tuttavia, al di là della mano di vernice fresca, si tratta di una struttura vecchia e piuttosto squallida, popolata da un variegato insieme di persone che risiedono in maniera più o meno stabile al suo interno poiché troppo povere per permettersi l’affitto di una casa vera, disoccupate o, più di frequente, impegnate in lavori saltuari o attività criminose. Il panorama è abbastanza desolante, dominato dalle strade, lunghe e piatte strisce di cemento grigie. Una moltitudine di insegne affastellate freneticamente l’una sull’altra promette la soddisfazione dei propri desideri, qualunque essi siano, velocemente e a buon prezzo – l’apoteosi dell’urbanistica capitalista. I negozi, al di là dell’estetica appariscente, sono dimessi, banali. Eppure gli occhi di Moonee (Brooklynn Prince), la bambina protagonista, che vive con la madre in una delle stanze del Magic Castle, riescono a scovare bellezza, magia e promesse di avventura anche in un luogo così poco adatto a stimolare l’immaginazione infantile.

domenica 12 gennaio 2020

Under the Skin (Jonathan Glazer, 2013)

 
Il primo atto che la protagonista di Under the Skin compie sullo schermo è spogliare un cadavere per indossarne i vestiti. Non sappiamo nulla di lei: è introdotta completamente nuda accanto alla donna morta in un ambiente bianco, irreale, asettico. L’apparenza che ruba non nasconde un’identità determinata, ma al contrario colma uno spazio vuoto, maschera un corpo e un volto misteriosi, che esistono in quanto tali senza comunicare nulla di sé e della propria storia. Il film fornisce una labile spiegazione a questa presentazione lasciando supporre che si tratti di una forma di vita aliena giunta sulla Terra per compiere una missione che non viene mai chiaramente esplicitata. Per tale ragione, quindi, lo sguardo della protagonista sull’umanità sarebbe distaccato e apatico; gli abitanti del pianeta non sembrerebbero, per lei, nient’altro che prede da irretire con il proprio fascino e consumare. Le sue vittime sono principalmente di sesso maschile: la creatura, infatti, passa meticolosamente in rassegna le strade scozzesi a bordo del suo furgone, fermando i passanti fingendo di essersi persa e di aver bisogno di indicazioni, cercando di convincerli ad accettare un passaggio, così da poterli sedurre. Quando essi accettano di seguirla in un posto tranquillo, ammaliati dalla promessa di un rapporto sessuale, si condannano a finire invischiati in una trappola mortale.

giovedì 2 gennaio 2020

Ritratto della giovane in fiamme (Portrait de la jeune fille en feu, Céline Sciamma, 2019)


L’evento che mette in movimento la trama di Ritratto della giovane in fiamme è l’ostinato rifiuto di Héloïse (Adèle Haenel), giovane figlia della contessa (Valeria Golino), di farsi ritrarre in un dipinto, da inviare come presentazione al nobile milanese con cui la madre, vedova, desidererebbe maritarla. La protagonista, Marianne (Noémie Merlant), pittrice come suo padre prima di lei, viene convocata nel palazzo della nobildonna, un tempo appartenuto al coniuge, situato su un’isola bretone, a poca distanza dalla frastagliata costa dell’Atlantico e immerso in una natura aspra, primordiale e selvaggia, apparentemente come compagna di passeggiate per Héloïse, che la madre tiene segregata in casa senza permetterle di uscire autonomamente per paura che segua le orme della sorella maggiore, l’originario oggetto delle contrattazioni matrimoniali, che ha preferito suicidarsi lanciandosi da una scogliera piuttosto che accettare di porre il proprio destino nelle mani di un uomo sconosciuto, senza la possibilità di autodeterminarsi. La sua morte ha costretto la contessa a far uscire Héloïse, la figlia minore, dal convento in cui si era ritirata per non abbandonare il proprio progetto, che è ben lungi dall’essere del tutto altruista e disinteressato; la donna infatti soffre la lontananza dai piaceri e dalle attrazioni di Milano, città in cui ha passato la propria gioventù e in cui vorrebbe ritornare attraverso la scelta del genero. Affida a Marianne il compito di ritrarre Héloïse, che non accettando di posare ha già spinto alla resa un altro abile pittore, senza però che lei se ne accorga: dovrà lavorare di notte, alla luce delle candele, sfruttando le giornate spese insieme alla giovane per osservarla e memorizzarne i tratti. La vicinanza tra le due ragazze, tuttavia, porta al nascere di un forte sentimento.