La stregoneria attraverso i secoli (Häxan, Benjamin Christensen, 1922)
Il 1922 è un anno importante nella storia del cinema: arrivano sul telo da proiezione Nosferatu il vampiro (Nosferatu, eine Symphonie des Grauens, Friedrich Wilhelm Murnau, 1922), una delle prime pietre miliari del genere horror, e Nanook l'eschimese (Nanook of the North: A Story of Life and Love in the Actual Arctic, Robert J. Flaherty, 1922), l'apripista del lungometraggio documentario. A metà strada tra i due possiamo, se ci va, collocare La stregoneria attraverso i secoli, all'epoca la pellicola più costosa mai prodotta in Svezia, risultato di due anni di ricerche del regista Benjamin Christensen che, dopo aver trovato in una libreria tedesca una copia del Malleus Maleficarum, una guida per inquisitori del quindicesimo secolo, decise di dedicarsi alla realizzazione di un'opera incentrata sulle superstizioni (e conseguenti persecuzioni) dei secoli passati, in particolare del tardo Medioevo.
La narrazione è scandita in sette capitoli piuttosto variegati: l'inizio è decisamente didattico, il regista utilizza infatti stampe e modellini per mostrare agli spettatori le differenti concezioni del cosmo e dei demoni adottate da vari popoli antichi, ricordando spesso, per intenti e concezione, uno spettacolo di lanterna magica, con tanto di bacchetta di legno per evidenziare gli elementi di maggior interesse in una particolare immagine.
Si passa poi, però, al cuore della pellicola, ovvero una
serie di ricostruzioni con attori che si addentrano nell'antro di una
strega prima e in un processo dell'Inquisizione poi, documentandone
metodi e strumenti di tortura. Le confessioni estorte dai religiosi e
le sequenze oniriche diventano l'occasione per mettere effettivamente
in scena le (supposte) attività e tradizioni occulte, tra le quali
fa bella mostra di sé un sabba in piena regola, spingendosi, infine,
all'interno delle mura di un monastero femminile preda di un fenomeno
di follia collettiva causato, secondo l'opinione delle monache, dal
Diavolo in persona, interpretato, tra l'altro, dallo stesso
Christensen per tutta la durata del lungometraggio. Il cineasta
svedese decise inoltre, in maniera inusuale soprattutto agli albori
del cinema, di girare solamente di notte o in studio, perché
riteneva che fosse fondamentale mantenere sul set un'atmosfera cupa.
I primi piani della vecchia strega torturata paiono possibili
predecessori di quelli, certo più intensi e sofferti, della Giovanna
d'Arco interpretata da Renée Falconetti in La passione di Giovanna
d'Arco (La passion de Jeanne d'Arc, Carl Theodor Dreyer, 1928).
La
chiusa de La stregoneria attraverso i secoli è affidata ad un
segmento dal sapore positivista che ricollega la credenza e la
persecuzione della magia nel passato ai disturbi nervosi
raggruppandoli sotto la definizione di “isteria” che riscuoteva
all'epoca molto successo grazie all'ampia documentazione fornita
dalla psicanalisi, indubbiamente dotata di accenti misogini purtroppo
allora piuttosto usuali.
Com'è facile immaginarsi, all'epoca
della sua prima uscita nelle sale il lungometraggio fu censurato o
pesantemente tagliato in quasi tutte le nazioni in cui arrivò: a
destare scandalo furono le scene di orrore, blasfemia e nudo, ma al
suo interno non c'è nulla, almeno per quanto riguarda le immagini,
che possa davvero suscitare raccapriccio e disgusto nello spettatore
odierno adulto e vaccinato. Quello che colpisce a quasi un secolo di
distanza è la non separazione di reale e immaginario: Christensen
non indica mai chiaramente la divisione tra i due piani, che formano
quindi un inscindibile intruglio, una mescola dalla quale è
impossibile estrarre nuovamente gli ingredienti originari. L'accurata
verifica dei fatti e la loro esposizione chiara e scientifica è una
preoccupazione che i documentari di allora presumibilmente non si
ponevano, reputandola meno importante della loro drammatizzazione,
come è evidente dalle mistificazioni nascoste in Nanook l'eschimese,
nonostante la sua aura di perfetto realismo. La stregoneria
attraverso i secoli sfrutta la struttura del documentario per dare
sfogo ad una fantasmagoria affascinante e spettacolare che oltrepassa
la semplice ricostruzione storica per avvicinarsi, piuttosto, al
sottile confine tra illusione e verità su cui tante storie di paura
trovano il loro fondamento, con tutta la libertà che poteva offrire
un medium ancora fortemente sperimentale come il cinema negli anni
venti.
Commenti
Posta un commento