mercoledì 29 aprile 2015

Avengers: Age of Ultron, prime impressioni



«Sembra facile fare un caffè» è solita dire mia madre. Sembra facile fare il blockbuster estivo più atteso dell'anno. Avengers: Age of Ultron ha almeno una decina di personaggi principali (e, per carità, non proviamo nemmeno a contare quelli secondari), più effetti speciali di ogni altro film Marvel, una continuità contorta da rispettare e di cui essere uno dei punti di svolta principali e, fortunatamente, una sola trama, seppure un po' ramificata. Tuttavia, la vera grande nemesi del regista Joss Whedon non è il film in sé: è il primo, sfolgorante capitolo uscito nel 2012, piazzatosi al terzo posto nella classifica dei più alti incassi cinematografici di tutti i tempi e diventato al contempo pietra miliare del genere cinecomic (se così vogliamo chiamarlo, ma sarebbe interessante discutere sulla sua esistenza specifica in quanto tale), coronamento di quella Fase 1 del Marvel Cinematic Universe che abbiamo tutti osservato con la stessa trepidazione dello spettatore che osserva un funambolo muovere un passo dietro l'altro sul filo. Il baratro è sempre pericolosamente vicino. La Fase 2 ha per ora confermato l'abilità di Kevin Feige e compari nel mantenere il proprio universo coeso di pellicola in pellicola senza perdere però l'unicità dei mondi di riferimento di ogni personaggio, non concedendosi di riposare sugli allori, come dimostra il rischio corso nel proporre quel gioiellino che è Guardiani della galassia. Avengers: Age of Ultron mantiene le promesse fatte? In gran parte sì e per qualcosa no. Whedon, vero maestro di equilibrismo, tiene in piedi un film dalle proporzioni bibliche senza perdere la grazia, anche se con un po' di fatica. Il fulcro della narrazione si sposta dai personaggi più famosi ed amati al precedentemente trascurato Occhio di Falco che, insieme a Vedova Nera, viene esplorato nella sua fragilità di essere umano immerso in scontri apocalittici tra prodigi della scienza e dei venuti dallo spazio; è proprio nello scontro tra un'umanità profondamente imperfetta ed una progenie tecnologica con pretese di superiore perfezione che il film trova il suo cuore. L'abilità di Whedon nel far parlare i propri personaggi si dimostra ancora una volta in una serie di scambi profondi ed efficaci, come la discussione tra Bruce Banner e Natasha Romanoff riguardo al futuro della loro relazione e la risposta di Pietro Maximoff ad Ultron sul perché lui e la gemella abbiano accettato di sottoporsi agli esperimenti di Von Strucker. Risulta quasi incredibile il fatto che nel vortice di avvenimenti che risucchia lo spettatore sin dalla rutilante scena d'apertura in medias res i singoli caratteri riescano ad emergere come i vari temi di una sinfonia. L'ironia tipica di Whedon compare a più riprese nei dialoghi e in alcune delle scene più divertenti, come quelle che coinvolgono il martello di Thor, personaggio che qualcuno ha trovato bistrattato ma che personalmente mi è parso ben bilanciato tra il suo status di dio e il suo carattere (almeno nell'universo filmico) bonario, sbruffone ed un po' ingenuo. È comunque inevitabile che qualcuno faccia le spese di tanta abbondanza e finisca per avere meno spazio di quanto necessario e se, nel caso di Quicksilver, ciò è in qualche misura perdonabile, lo è molto meno nel caso dell'antagonista principale, l'intelligenza artificiale Ultron che, a differenza del suo predecessore Loki, paga lo scotto di non avere avuto un film meno affollato in cui mostrarsi agli occhi del pubblico; come conseguenza di ciò risulta a volte incrinata la sua credibilità di avversario letale, sempre che questa fosse la sua specifica funzione e non piuttosto quella di mettere in piazza le evidenti - e pericolose - debolezze di Tony Stark, il suo nevrotico genitore di cui riprende i tratti caratteriali (allo stesso modo in cui l'Ultron dei fumetti riprendeva quelli del suo creatore originario Hank Pym), come un certo senso dell'umorismo che raramente ci capita di vedere in un robot. Visione, pur avendo pochissimo tempo per svilupparsi (compare soltanto nell'ultimo terzo del film) risulta compiuto ed affascinante.
Le scene d'azione sono sufficientemente acrobatiche e distruttive da soddisfare anche i palati più esigenti e mostrano come la regia di Joss Whedon nelle intricate coreografie delle battaglie sia molto migliorata da quella del primo capitolo, buona ma a volte troppo statica. Il montaggio, complice anche un taglio piuttosto pesante del film (tanto che già si mormora di una possibile edizione estesa), tende a tratti a rendere la vicenda più episodica di quanto già non sia, rischiando di portarla a dissolversi nel caos, anche se fortunatamente ciò non avviene mai: il film, pur barcollando, si tiene in equilibrio e raggiunge la sua sospirata meta. Joss Whedon ne esce, se non tra scrosci di applausi e marce trionfali, comunque vincitore. Il testimone passa ai fratelli Russo, che si occuperanno sia di Capitan America: Civil War che di Avengers: Infinity War parte prima e seconda: faccio loro i miei più sentiti auguri. 

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