venerdì 1 maggio 2015

Zodiac e Amabili resti: che cosa succede quando "omicidio" non equivale a "thriller"

Noi spettatori siamo animali abitudinari, anche se ci ostiniamo a negarlo con una certa frequenza. Quando ci accomodiamo sulla poltrona del cinema vogliamo assistere ad uno spettacolo che sia insieme nuovo e familiare, vogliamo sentirci a casa e nello stesso tempo a mille miglia da essa. Non siamo certo facili da accontentare. Qualche volta ci capita di trovarci di fronte un film che non rispetta questo nostro modo di pensare: non riusciamo ad incasellarlo nelle nostre strutture predefinite, ci confonde e per questo, spesso, non riesce a parlarci e finisce per non piacerci. Personalmente trovo che questo tipo di fenomeno si verifichi più spesso con film che si sviluppano attorno ad un crimine: il thriller è un genere estremamente codificato e noi conosciamo così bene le regole del gioco da esserci scordati che non c'è un solo modo per parlare di omicidio, che ci sono altre strutture possibili oltre a quella, lineare, di delitto - indagine - castigo. Zodiac (David Fincher, 2007) e Amabili resti (Peter Jackson, 2009) sono esponenti illustri di questa categoria: entrambi partono da un omicidio o da una serie di omicidi e noi seguiamo avidamente la vicenda aspettando una vittoria della giustizia che in realtà finisce per non giungere mai. Zodiac nel suo secondo tempo si sfilaccia in un labirinto di piste d'indagine che non portano a nulla mentre Amabili resti si conclude con l'assassino che, almeno in un primo momento, riesce a fuggire impunito pur essendo stato scoperto. Questo tipo di svolgimento ci frustra e ci annoia. Ci piacciono le grandi scene madri, ci entusiasma vedere l'uomo che compie il male venire punito per le sue azioni! Eppure se trovassimo la pazienza di dare una seconda possibilità a queste pellicole scopriremmo qualcosa di molto interessante. Pur avendo al centro crimini orrendi questi due film ricadono solo marginalmente nel genere thriller, e potrebbero esser meglio definiti come storie di onde generate da un sasso lanciato in un calmo stagno; un evento traumatico (uno o più terribili omicidi) genera una serie di conseguenze e il centro della narrazione sono proprio queste ultime.
Zodiac è la storia di un'ossessione divorante che distrugge la vita di chi si lascia dominare da essa, tanto è vero che il serial killer che dà il nome al film (realmente esistito ed effettivamente mai catturato) scompare gradualmente senza lasciar più tracce; l'unica cosa che resta è un'ostinata ricerca di verità che porta i personaggi all'autodistruzione. Il fumettista Robert Graysmith (Jake Gyllenhaal) e il giornalista Paul Avery (Robert Downey Jr.) finiscono per perdere la famiglia e il lavoro (e, in qualche misura, anche la sanità mentale); l'ispettore Dave Toschi (Mark Ruffalo) riesce ad evitare in parte questo destino accettando di arrendersi. Qualcosa di molto simile accade al padre di famiglia Jack Salmon (Mark Wahlberg), che in Amabili resti si vede strappare la figlia maggiore Susie (Saoirse Ronan) da un serial killer morbosamente attratto da bambine e adolescenti. Guidato dallo spirito dell'amatissima Susie, Jack mette a repentaglio la propria vita familiare e lavorativa nel disperato tentativo di farsi giustizia. In entrambi i casi questa ricerca della verità portata all'estremo finisce per essere incompresa e per alienare chi cerca di portarla a termine. Amabili resti e Zodiac sono costruiti su una struttura corale che, partendo da un evento scatenante, si concentra su cosa quest'ultimo comporta nelle vite di chi ne viene toccato, in modi e stili differenti: la regia di Peter Jackson è tanto calda e coinvolgente quanto quella di David Fincher tende alla freddezza ed alla celebralità. Tutti e due però riescono a tracciare ritratti ben delineati dei loro personaggi immersi nella ricerca del sasso che ha sconvolto la loro pace, e che, realisticamente, non riescono a trovare. Non resta quindi che cercare di venire a patti con l'impossibilità di arrivare a quella verità che pare in grado di restituire la serenità, ed ogni personaggio di questi due lungometraggi lo fa (o non lo fa) a seconda del proprio carattere e del proprio vissuto, generando una narrazione lenta e psicologica ma non per questo meno coinvolgente od affascinante se approcciata nel modo giusto.

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