martedì 15 marzo 2016

L'uomo nell'ombra (The Ghost Writer, Roman Polanski, 2010)


Che Roman Polanski sia un grande appassionato del cinema di Alfred Hitchcock non pare certo un mistero se si pensa al suo modo di gestire la narrazione e le inquadrature; eppure Frantic (Roman Polanski, 1988), il primo film da lui girato richiamandosi apertamente allo stile del maestro inglese, finiva, secondo me, pur essendo ben girato e ben diretto, per sembrare poco più di un'imitazione. All'interno della trama c'erano tantissimi degli elementi più tipici del cinema hitchcockiano, come l'oscuro intrigo politico, l'uomo qualunque trascinato per errore o per caso in una situazione più grande di lui ed ingiustamente accusato di un crimine che non ha commesso (Harrison Ford), un'intrigante giovane donna bionda (Emmanuelle Seigner), uno scambio di persona, un oggetto misterioso. Eppure, strano a dirsi pensando a film come L'inquilino del terzo piano, Carnage e Venere in pelliccia, quello che mancava era quel tocco di sotterranea perfidia che, anche senza necessariamente salire in superficie come in Psyco o ne Il delitto perfetto, era sempre presente, una mano nascosta a pizzicare le corde - già tese - della suspense, così caratteristico del regista di Londra e che così spesso si ripresenta anche, declinato in maniere differenti, nella filmografia del cineasta polacco. 
Con L'uomo nell'ombra Polanski torna a confrontarsi con Hitchcock, riuscendo però dove prima aveva, secondo il mio umile parere, in parte fallito.
Il film è un adattamento del romanzo Il ghostwriter (The Ghost), scritto dal romanziere di successo Robert Harris, pubblicato nel 2007 ed ispirato alla carriera politica di Tony Blair; lo stesso scrittore britannico firma, insieme al regista, la sceneggiatura. Un ghost writer (Ewan McGregor) viene scelto per lavorare, dopo l'improvvisa morte del suo predecessore, all'autobiografia dell'ex primo ministro inglese Adam Lang (Pierce Brosnan), proprio nel momento in cui uno scandalo di dimensioni internazionali travolge quest'ultimo. Attraverso le sue ricerche, il cinico scrittore finirà per rimanere invischiato in un complotto di dimensioni inimmaginabili.


Nella figura del ghostwriter, presto inserito suo malgrado all'interno del circo che si muove attorno a Lang, e nella sua mancanza di un'identità precisa (non conosceremo mai il suo nome) echeggia l'inquietante cambio di personalità de L'inquilino del terzo piano: anche lui si ritrova infatti a vestire i panni di un morto, ad assumerne - forse inconsapevolmente, forse no - l'identità. Del resto, era proprio quello che succedeva anche al pubblicitario Roger Thornhill (Cary Grant) in Intrigo internazionale.


La regia è più che solida, e certo non sarebbe lecito aspettarsi di meno, avendo ottenuto, tra l'altro, un Orso d'argento al Festival di Berlino del 2010; la macchina da presa esplora lo spazio con precisione millimetrica, orchestra i movimenti dei personaggi in scena con grande attenzione per i dettagli, imbastisce le scene su spazi equilibrati e con un certo gusto per la simmetria. I colori lividi, che così spesso si incontrano nella filmografia di Polanski, sono del tutto in tema con il tono della pellicola. La trama, che nelle mani di un altro regista avrebbe potuto diventare l'ennesimo thriller improbabile, è il mezzo attraverso cui portare in scena tutto il soffocante senso di paranoia che tanto spesso emerge nel cinema del regista di Rosemary's Baby - Nastro rosso a New York, rappresentato esemplarmente dalla scena dell'inseguimento in macchina, in cui è facile, peraltro, sovrapporre allo sguardo spaventato dello scrittore quello della Marion di Psyco
La tensione nei rapporti tra i personaggi è palpabile e, ovviamente, non ci si può fidare di nessuno. La malevolenza è dietro l'angolo, appena nascosta dalle mura dell'elegante villa-fortezza di Lang, velata da discorsi educati e affabilità di circostanza. L'atmosfera grigia e cupa, dominata dal vento e dalla pioggia, non fa che enfatizzarla ulteriormente. 


Alexandre Desplat confeziona una colonna sonora che, in modo del tutto appropriato, richiama quelle ormai classiche di Bernard Hermann per il maestro del brivido. Il cast è ben calibrato: Ewan McGregor è convincente nel ruolo dello scrittore disilluso e perspicace, Pierce Brosnan inietta il giusto grado di fascino all'enigmatico Adam Lang, Kim Cattrall è a suo agio nell'interpretare l'appassionata assistente dell'ex primo ministro e Olivia Williams recita più che bene - e in più di un senso - la parte della moglie trascurata e frustrata. Gli ambigui dialoghi carichi di tensione e il continuo complicarsi degli avvenimenti nell'aria di tempesta di Martha's Vineyard completano ed esaltano l'ottimo lavoro svolto da Polanski e la sua squadra nel confezionare questo thriller elegante e preciso.

   

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