giovedì 30 luglio 2015

Ofelia, la disobbediente


C'è un momento all'interno de Il labirinto del fauno (El laberinto del fauno, Guillermo del Toro, 2006) in cui noi spettatori pensiamo che Ofelia faccia una cosa veramente stupida: disobbedisce, apparentemente in modo ingiustificato, agli ordini del fauno e prende due acini d'uva dalla tavola imbandita dell'uomo pallido, risvegliandolo dal suo sonno, rischiando la vita e provocando la morte di due fatine. Non è la prima volta nel corso del film che Ofelia sceglie di non comportarsi come le viene suggerito, più volte non ascolta le raccomandazioni della madre, ma questo episodio spicca in particolar modo: era affamata, è vero, ma perché sceglie di mangiare quei due acini quando le era stato detto chiaramente di non farlo? A prima vista questa decisione potrebbe sembrare un errore della sceneggiatura, una semplice ingenuità: in realtà è uno dei momenti in cui emerge più chiaramente il tema portante del film, che tiene uniti mondo fantastico e mondo reale. L'accaduto viene discusso nel successivo dialogo tra Ofelia ed il fauno in cui lei, di fronte ai rimproveri della creatura, si giustifica dicendo che credeva che nessuno avrebbe notato una così piccola sottrazione. Il fauno le risponde con parole crudeli: non potrà mai tornare nel suo regno e sarà condannata a restare mortale. Da questo punto in poi le cose si fanno sempre più cupe e drammatiche per la povera bambina e, significativamente, anche per i guerriglieri della resistenza antifranchista: la madre muore nel dare alla luce il fratellino, il Capitano Vidal rinchiude Ofelia nella sua triste e lugubre stanzetta e nel frattempo infligge grosse perdite ai combattenti accampati nei boschi e scopre i loro sostenitori, il medico e Garcés. In realtà, però, la scena dello scontro con l'uomo pallido contiene già, al suo interno, l'elemento che porterà Ofelia (e i guerriglieri) alla vittoria. Ritorniamo alla risposta di Ofelia al fauno: sono le innocenti parole di una bambina che cerca di discolparsi, non sembrano avere altri significati. Proviamo, tuttavia, a metterle in relazione con un'altra giustificazione, quella del medico di fronte al capitano Vidal, che gli chiede perché non ha semplicemente eseguito gli ordini invece di aiutare il partigiano catturato a morire, alleviandogli le sofferenze:
Capitano Vidal: Perché lo ha fatto?
Dottor Ferreiro: Era l'unica cosa che potessi fare.
Capitano Vidal: Avrebbe potuto obbedirmi!
Dottor Ferreiro: Avrei potuto... Ma non l'ho fatto.
Capitano Vidal: Be', sarebbe stato meglio per lei, questo lo sa. Non la capisco... Perché non mi ha obbedito?
Dottor Ferreiro: Perché obbedire senza pensare, così, istintivamente, lo fa solo la gente come lei, capitano!

Ofelia, pur sbagliando, ha pensato all'ordine che aveva ricevuto e si è chiesta se fosse il caso di rispettarlo o no, non ha agito meccanicamente come usa fare il suo patrigno, militare implacabile e crudele. Ciò che le permetterà, infine, di ritornare nel suo regno incantato è il coraggio di disobbedire, rifiutandosi di ferire il suo innocente fratello per aprire il varco magico, nonostante sia la causa diretta delle sue sventure e anche se prendere tale decisione la porterà alla morte. Torna alla mente la storia che racconta al suo fratellino ancora non nato, in cui narra di una rosa in grado di donare l'immortalità ma circondata da spine letali: gli uomini della favola (e non solo, aggiungeremmo) parlano solo della loro paura della sofferenza e della morte, mai del mirabile dono che potrebbero ottenere. La madre di Ofelia si piega al volere del capitano nella speranza di ottenere una vita migliore per sé e per la figlia, ma muore; lo stesso capitano Vidal persegue fino all'ultimo, rigidamente, il suo piano prestabilito, senza riflettere, pur divorato da presentimenti di morte, e finisce per perire colpito dai guerriglieri, che gli assicurano che suo figlio non conoscerà mai il suo nome. Ofelia e, in parallelo, anche Garcés, il dottore ed i combattenti, non si comportano da soldatini, rifiutano ciò che ritengono sbagliato, lottano per quello in cui credono e sopportano le difficoltà: il finale – anche se malinconico – li premierà. E se è vero che sia Ofelia sia il capitano Vidal muoiono, è altresì vero, però, che il loro destino finale è molto diverso, come evidenzia l'epilogo narrato del film:
E si dice che la principessa discese nel regno paterno e che lì regnò con giustizia e benevolenza per molti secoli, che fu amata dai suoi sudditi e che lasciò dietro di se delle piccole traccie del suo passaggio sulla terra, visibili solo agli occhi di chi sa guardare.

Ofelia verrà amata e ricordata, il suo patrigno sarà sconosciuto persino al suo stesso figlio. Si spiega, così, la scelta di del Toro di unire una storia fantastica e favolosa ad una pagina nera della storia di Spagna: le due linee narrative avanzano parallelamente portando alla luce il messaggio dell'opera. Il labirinto del fauno si rivela pertanto come un film fantasy profondo e pregno di significato: anche nei momenti più bui si deve trovare il coraggio di dire di no, di rifiutare l'ingiustizia, di non guardare dall'altra parte nonostante sia più facile, anche a costo di grandi sofferenze.

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