Monsters (Gareth Edwards, 2010), la recensione
Generalmente “film di mostri a basso
budget” e “qualità cinematografica” non sembrano poter
rientrare nella stessa frase, ma nel 2010 Gareth Edwards con il suo
Monsters è riuscito ad unirli talmente bene da attirare l'attenzione
delle major hollywoodiane, che negli anni successivi gli hanno
affidato il nuovo film di Godzilla (uscito nel 2014) e il primo
spin-off dell'universo di Star Wars, Rogue One: A Star Wars Story,
che approderà sugli schermi cinematografici della nostra galassia domani.
Con una squadra sul set di appena sette
persone (compresi i due attori principali), tanto piccola da essere
spostata con un unico pulmino, il giovane regista inglese è
approdato in America Centrale con l'obbiettivo di girare una sorta di
road movie nel mezzo di un'invasione aliena. La storia segue il
tortuoso viaggio di ritorno negli Stati Uniti di Andrew (Scoot
McNairy), un fotografo senza troppi scrupoli, che è stato incaricato
di riportare a casa Samantha (Whitney Able), la figlia del datore di
lavoro di lui. I due si troveranno costretti ad attraversare la
cosiddetta “zona infetta”, al confine tra Messico e Stati Uniti,
completamente chiusa al passaggio perché ormai habitat di una strana
specie giunta sulla Terra dallo spazio tramite una sonda precipitata
e che si è dimostrata, per il momento, impossibile da eradicare.
Monsters è stato realizzato senza la
presenza di una vera propria sceneggiatura, ma soltanto con alcune
idee generali su quello che sarebbe dovuto succedere: gli attori
hanno poi improvvisato i dialoghi. Gli esterni sono stati girati
spesso in assenza di permessi e con un'attrezzatura minima, con lo
stesso regista a ricoprire anche i ruoli di direttore della
fotografia ed operatore. Privare i dialoghi della supervisione
di uno sceneggiatore, oltre a contenere ulteriormente i costi, ha un
vantaggio, cioè la possibilità di ottenere conversazioni
estremamente spontanee e naturali, ma anche uno svantaggio, perché i
due interpreti, in mancanza di una direzione più o meno stabilita
verso cui dirigersi, tenderanno a percorrere strade già conosciute.
La storia d'amore, pertanto, naviga su acque tranquille,
attraversando tutti i più classici luoghi comuni che costellano
tante relazioni cinematografiche. C'è da dire che in ogni caso
questo non la rende un impedimento allo svolgimento della storia, e
anzi, scorre abbastanza liscia, tutt'al più un po' sottotono. Le
migliori parole pronunciate sono affidate alla voce di Andrew nel
momento in cui giustifica il suo dover essere, per lavoro, l'occhio
che fotografa la tragedia e la miseria.
Gareth Edwards durante le riprese di Monsters |
Dove il film funziona davvero
è nella capacità di mantenere una grande forza narrativa senza
perdere l'immediatezza che ha apportato questo metodo di lavorazione.
Le scene nel loro insieme hanno l'apparenza di un reportage su una
zona di guerra costruito giorno per giorno con quello che ci si trova
davanti sulla strada. Si rimane stupiti nel leggere le dichiarazioni
in cui Edwards afferma di non avere intenzionalmente dotato il film
di un sottotesto politico, perché dall'opera finita emergono
immagini e suggestioni che, almeno nel 2016, non possono non far
pensare ai viaggi della speranza che tanti esseri umani intraprendono
per arrivare in Europa; ambientare la vicenda proprio su uno dei
confini più attraversati – legalmente e soprattutto illegalmente –
del mondo non fa che porre maggiore enfasi su questo tema. I due
cittadini americani, dopo il furto dei passaporti, si trovano
costretti a ripercorrere le stesse pericolose strade che tanti
sudamericani meno fortunati di loro hanno già calcato, e questo
diventa, per i protagonisti e per lo spettatore, inevitabile
materiale di riflessione.
Gareth Edwards espone le tecniche usate per gli effetti speciali durante una conferenza. |
Gli effetti speciali, utilizzati
ovviamente con parsimonia, sono efficaci e di qualità più che
buona, e il giudizio non può che essere ancora più favorevole se si
considera che sono stati interamente creati dal regista, che ha
lavorato per dieci anni nel campo dell'animazione digitale alla BBC,
sul proprio computer. Il modo in cui vengono messi in scena gli
alieni, somiglianti a giganteschi mostri marini, è interessante: in
fondo non sono altro che immensi animali impegnati a portare avanti
il loro ciclo vitale, e la scena finale si risolve in uno spettacolo
inaspettato. Risulta evidentissima l'influenza di quest'ultimo tema
su Godzilla (anche i M.U.T.O. prima di essere mostri sono animali).
Più pericolosi della minaccia aliena sembrano, piuttosto, gli umani
e nella fattispecie gli americani, che bombardano senza pietà per le
popolazioni residenti le zone infette, senza ottenere, peraltro,
risultati apprezzabili.
È sorprendente la quantità di temi e
spunti che questo piccolo film dal budget ristrettissimo, girato in
poche settimane quasi sul momento, riesce a contenere: sarebbe stato
facile perdere la bussola e mandare in cortocircuito la trama,
trasformarlo in un'accozzaglia di riprese e scene alle quali neppure
il montaggio sarebbe riuscito a restituire un senso. Monsters supera
gli ostacoli con un'abilità insospettabile per essere un'opera
prima, mantenendo ritmo e riflessione senza smarrirsi.
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