lunedì 15 dicembre 2014

Fermata d'autobus

L'orizzonte continua ad essere sgombro da mezzi pubblici nonostante il suo scrutare spazientito. Sbuffa lievemente: sta aspettando il pullman da almeno un quarto d'ora. Probabilmente è passato proprio pochi minuti prima che lei raggiungesse la fermata. Arriverà sicuramente in ritardo a lezione, tutti i posti a sedere saranno occupati e sarà costretta a sedersi per terra, cercando senza successo di bilanciare il quaderno su un ginocchio. Il miglior modo possibile di iniziare una settimana.
Le poche macchine che passano sembrano quasi prendersi gioco di lei nella loro noncuranza. Lancia occhiate di fuoco agli incauti passeggeri che, distrattamente, si voltano a guardarla. Non sa nemmeno perché se la prende con loro: sarà odio di classe, chi lo sa. Non ha niente altro da fare: ha dimenticato il libro che sta leggendo sul tavolo della cucina ed è sicura che se tornasse indietro a prenderlo il maledetto ammasso di ferraglia male avvitato sfreccerebbe davanti al suo naso. Un quarto d'ora può sembrare interminabile se non si ha niente da fare. Alla pensilina è stata persino tolta la panca: tutto ciò che può fare è andare avanti e indietro sul marciapiede, nervosamente.
Una voce si avvicina progressivamente alla fermata: si volta e vede un'altra ragazza che come lei sta aspettando il pullman, e nel frattempo sta parlando al telefono con qualcuno.
«Sì, gliel'ho già detto. Quando arrivo a casa sistemo io. Senti, mi sono dimenticata di...»
È impossibile per lei non origliare: dovrebbe tapparsi le orecchie. Il traffico non è abbastanza rumoroso da coprire le sue parole e si sta annoiando terribilmente. Cerca di non darlo troppo a vedere.
«Puoi farlo tu? Grazie. Ah, già, mi ero dimenticata che domani dovrò andare in centro per quella cosa, tu sei a casa? Se no posso...»
Pensa distrattamente al suo cellulare, abbandonato sul fondo della tasca frontale del suo zaino, sommerso da pacchetti di fazzoletti, salviette umidificate e chiavi. Non sa nemmeno se è ancora carico.
«L'ho sentito poco fa, gli ho già detto del colloquio. Speriamo bene. Ok, a dopo. Ciao!»
Il suo cellulare è ancora acceso, anche se la batteria è piuttosto scarica. Non ci sono né messaggi né chiamate perse. La vista dell'ora sul display risveglia la sua frustrazione: sono passati venti minuti e ancora l'autobus non è passato. Rimette il cellulare a posto e ricomincia la sua passeggiata senza meta. Con la coda dell'occhio getta uno sguardo alla ragazza: ha ancora il telefono in mano, sta rispondendo ad un messaggio. Una lunga macchina grigia passa rasente al marciapiede; un uomo di mezza età in giacca e cravatta la guarda distrattamente, lei ricambia con uno sguardo cupo. Se avesse con sé i suoi occhiali da sole (li ha dimenticati nella borsa rossa) se li infilerebbe subito, infischiandosene del fatto che sia autunno inoltrato, per schermarsi dagli sguardi altrui.
«Pronto? Ciao. Sì, l'ho appena chiamata e le ho detto tutto. Ti ricordi che domani dobbiamo...»
La ragazza ha di nuovo il telefono all'orecchio e lei si chiede come sia possibile che ci sia tutta questa gente che a metà mattina non ha nulla da fare. Sarà la crisi.
«Sì, ne abbiamo parlato. Ah, davvero? Sono molto contenta per loro! Presto toccherà a noi, sono emozionata...»
Purtroppo non può allontanarsi abbastanza da non sentire tutto quello che sta dicendo.
Un'altra ragazza si avvicina alla fermata con le mani in tasca e la bocca sepolta nella sciarpa, e lei si volta a guardarla. Una volta arrivata sotto la pensilina estrae il cellulare e comincia a scorrere i contatti della rubrica. Senza volerlo si ritrova a pensare che nella sua rubrica il numero dei contatti che non chiama da anni è preoccupantemente alto. La persona che le invia più messaggi in assoluto è il suo gestore telefonico. La osserva mentre avvicina il telefono all'orecchio. Alle dita porta un lucido smalto azzurro. Le sue sono corte e nude.
«Ehi! Sono io. Ho letto il tuo messaggio e volevo spiegarti bene come stanno le cose...»
«Ho suonato ma non c'era. Le ho scritto un messaggio, spero che lo legga prima di giovedì. Stasera cosa facciamo? Per cena ho diverse idee...»
«Non è proprio così. In realtà quello che è successo è molto più banale...»
«Non so, quel colore non mi convince molto. Dici che un color crema ci starebbe tanto male?»
Finalmente si decide: abbandona la pensilina e inizia ad incamminarsi verso la fermata successiva, che non è poi così lontana. Magari lì sarà sola, oppure non ci sarà campo.

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