La canzone del mare (Song of the Sea, Tomm Moore, 2014)
Un lungometraggio animato è sempre la
fine di un percorso di sintetizzazione e semplificazione del reale;
ciò che lo differenzia da un film dal vivo, infatti, è la necessità
di creare un modello a partire dalla realtà entro cui inserire la propria storia,
di scovare all'interno della complessità del visibile quelle linee
cinetiche e quelle forme specifiche che rendono qualcosa
riconoscibile ad un primo sguardo, inserendolo all'interno di un
determinato stile grafico del quale l'intera opera porterà
l'impronta. Questo è un processo di elaborazione solitamente lungo,
complesso e costoso, e che perciò solo imponenti studi con grandi
entrate possono, generalmente, tenere in piedi in relazione a durate
superiori all'ora. Le regole però, come si suol dire, sono fatte per
essere smentite, come dimostra La canzone del mare.
Ben e la sua sorellina Saoirse, che ha
raggiunto i sei anni senza aver mai parlato, vivono con il padre
vedovo in un faro posto su un isolotto della costa irlandese. La
scomparsa della madre, avvenuta nello stesso momento della nascita
della secondogenita, aleggia ancora sopra l'intera famigliola come
un'ombra pesante, che incupisce l'unico genitore rimasto e rende
difficile i rapporti tra fratello e sorella. Il sopraggiungere della
notte di Halloween metterà in moto una serie di eventi legati alla
mitologia del luogo, portando alla luce segreti a lungo taciuti.
Non è per nulla inusuale che le storie
del cinema d'animazione arrivino ad esso dalla tradizione o dalla
mitologia; tuttavia spesso si tratta di versioni appositamente
adattate per essere appetibili al più vasto pubblico possibile,
globali più che locali. La canzone del mare, diretto dall'irlandese
Tomm Moore e sostenuto da una pletora di piccole case di produzione
europee, non potrebbe essere più lontano dai colossi hollywoodiani e
dalle loro strategie di mercato. Le radici della sua storia, scritta
dallo stesso Moore e sceneggiata da Will Collins, sono profondamente
piantate nel fertile terreno del folklore irlandese, messo in scena
con l'amore e la cura che solo chi vi è cresciuto in mezzo può
infondere; le numerose canzoni, suggestive e memorabili, sono parte
integrante ed inscindibile della vicenda tanto quanto i dialoghi.
Abbiamo parlato, poco sopra, della necessità della semplificazione
per quanto riguarda il processo di animazione: una simile linea di pensiero può essere applicata anche alle sceneggiature che di tale percorso
costituiscono il punto di partenza ed il fondamento. Le fiabe e i
racconti per l'infanzia devono saper arrivare al nocciolo e ripulirlo
da tutto ciò che è superfluo; quando questo processo non va a buon
fine, quello che si ottiene è un'irritante faciloneria, ma se invece
riesce, si rimane profondamente colpiti dalla struggente purezza
delle immagini, dalla brillante chiarezza con cui i concetti sono
esposti ed i conflitti presentati e risolti. La canzone del mare esce
indubbiamente vincitore da questa sfida, intrecciando mitologia e
presente in un'universale storia familiare.
Andreas Deja, animatore polacco tra i
principali fautori del ritrovato successo dei lungometraggi animati
Disney negli anni novanta, ha parlato a più riprese sul suo blog
della tendenza iperrealistica principalmente seguita dall'animazione
in computer grafica di oggi, che ha soppiantato la ricerca grafica
tipica dell'animazione tradizionale, che caratterizzava i personaggi
e gli sfondi tanto da renderli immediatamente riconoscibili come
appartenenti ad una certa opera, imbevendoli di influenze storiche ed
artistiche che arricchivano la narrazione. Il film diretto da Tomm
Moore non è animato tradizionalmente, ma certamente i precetti
seguiti sono gli stessi a cui per decenni si è rifatta l'arte del disegno in movimento; il design dei personaggi li caratterizza ed
esprime la loro posizione all'interno della storia tanto quanto le battute, e lo spazio viene
rappresentato non secondo un criterio realistico, ma prestando
attenzione all'estetica e al significato del singolo fotogramma, scivolando fluidamente tra bidimensionale e tridimensionale, con una piacevole aria da libro illustrato.
L'uscita di un lungometraggio di
animazione indipendente è un evento più unico che raro all'interno
del panorama cinematografico mondiale: già questo basterebbe a
giustificare una visione de La canzone del mare, che è inoltre un
film piacevole per gli occhi, per le orecchie ed il cuore, tanto che
non si rimane per nulla stupiti dalla sua candidatura al premio Oscar
come miglior film d'animazione nel 2015.
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