venerdì 5 agosto 2016

Note su Breaking Bad: Walter White


Walter White (Bryan Cranston) è un uomo che ritiene di non aver ricevuto dalla vita ciò che meritava. Dopo essere stato un chimico brillante all'università – tanto da aver contribuito alla vincita di un premio Nobel nel 1985 – decide di vendere per soli cinquemila dollari la sua quota della Gray Matter Technologies, una società fondata insieme ad un amico e alla sua fidanzata di allora, che dopo il suo abbandono, e il matrimonio dei due soci rimasti, crescerà fino a diventare un gigante miliardario, in gran parte grazie ai risultati delle sue ricerche. All'ex-promettente scienziato non resterà che guardare da lontano altri arricchirsi favolosamente grazie alle sue intuizioni, marcendo nella certezza di aver derubato i propri figli di un futuro molto migliore di quello che può loro promettere un insegnante liceale frustrato e passivo, costretto, per mantenersi, a svolgere un secondo lavoro in un autolavaggio come un qualunque immigrato sudamericano.


Quello che davvero lo tormenta ad un livello più profondo e sincero, però, più che il benessere della propria famiglia, è l'essere un genio in gabbia a cui nessuno tributa il dovuto rispetto. Colui che potrebbe incantare con le proprie intuizioni le menti al lavoro nei laboratori di faraoniche multinazionali è incatenato alla cattedra di un liceo del New Mexico, costretto a spiegare a studenti annoiati ed irrispettosi le basi più elementari della chimica. La diagnosi di cancro inoperabile ai polmoni non è altro che la fiamma che accende la miccia di un ordigno già preparato da tempo, la goccia che fa traboccare il vaso oltre il bordo delle remore morali. Walter è risvegliato dal proprio incubo ad occhi aperti dalla certezza che al massimo avrà altri due anni di vita da vivere, dopodiché lascerà dietro di sé il ricordo di un uomo sottomesso, patetico e mediocre, una triste maschera che i suoi familiari confondono con il suo vero volto.


La sintetizzazione di metanfetamina sembra, ai suoi occhi, il metodo migliore per arrivare, in tempi brevissimi, alla propria redenzione personale: non gli è difficile, infatti, lasciare il proprio segno in un panorama amatoriale e spesso del tutto impreparato, che inizia ben presto a guardare a lui come ad uno strano, affascinante e temibile alieno. L'essere dietro l'altisonante pseudonimo di “Heisenberg” diventa materia di leggende nel sottobosco criminale. Jesse (Aaron Paul) è, fin dall'inizio, soltanto un imperfetto strumento umano per la realizzazione dei suoi obbiettivi, un allievo distratto e apertamente sminuito ma completamente fedele al proprio maestro, una pedina totalmente alla mercé, quasi fino alla fine, delle eccezionali abilità manipolatorie del signor White. Intuiamo ben presto che quello con minori scrupoli, che sacrifica alla propria battaglia contro il mondo chiunque e qualunque cosa, tra un dimesso professore liceale dai baffi a spazzola ed un delinquentucolo da strada, è proprio il primo. Heisenberg e Walter non sono due personalità contrastanti, ma due facce dello stesso uomo, una tanto falsa quanto rassicurante e l'altra tanto inquietante quanto vera.
 

Uno snodo centrale nella storia di Walter White avviene a cavallo tra la seconda e la terza stagione della serie: l'operazione per asportare gran parte della massa tumorale va a buon fine, consegnandogli più tempo di quanto previsto. Questo, unito al buon andazzo degli affari, gli permette di allontanare le preoccupazioni più immediate (l'eredità pecuniaria da lasciare ai propri cari e il pagamento delle proprie cure, che rifiuta di delegare alla coppia di ricchissimi amici che vede come traditori), lasciando spazio ad un obbiettivo più apertamente egoistico: un riscatto professionale che passa attraverso la costruzione di un impero criminale milionario. Il modello a cui si ispira è Gustavo Fring (Giancarlo Esposito), imprenditore cileno sorridente e bonario amato da tutta la comunità, che in realtà utilizza questa solida copertura per svolgere indisturbato il proprio commercio capillare di droga. La collaborazione tra questi due uomini per certi versi così simili nasce e si sviluppa all'ombra del sospetto reciproco, sfociando in un violento braccio di ferro e infine in aperto antagonismo.


Una volta annientato anche l'avversario più temibile, il cammino verso l'ascesa – e conseguente drammatica caduta – di Heisenberg è spianato. La punizione per l'uomo che osa spingersi oltre il lecito, la hybris delle tragedie greche, non lo risparmia. Non possiamo dire che il punto di arrivo degli sforzi del signor White non sia ampiamente preannunciato: Breaking Bad è una di quelle opere in cui il finale è solo un punto in fondo ad una lunga frase ben costruita, una collana di momenti che costituiscono, nel loro insieme, lo svelamento del volto di un uomo.

11 commenti:

  1. Dici giusto: Walter White e Heisenberg sono due facce della stessa persona, entrambe vere e concrete, e, come suggerisci, la seconda nasce dalla frustrazione della prima per non aver ricevuto dalla vita quanto le spettasse. Però non sono due facce complementari ma si trovano in un conflitto continuo e tutt’altro che lineare, logico e lucido, in fondo al quale le conclusive «I want this» sono parole di Heisenberg e non di White. Il buon padre di famiglia è distrutto, non trova redenzione; voglio credere (e così la sua caduta avviene addirittura da più in alto) che originariamente egli fosse buono, frustrato certo, ma buono, e che intraprenda la carriera di cook soltanto per il suo nobile fine di salvare la famiglia.
    L’hybris, a cui ancora giustamente fai riferimento, lo macchia (facendo scemare il fascino positivo che questo anti-eroe buono mi suscitava) ad un certo punto della vicenda e non gli appartiene fin dall’inizio, come invece, se ho capito bene, sembri intendere. Da quando fa conti in tasca a Gus Fring, soltanto da allora, all’incirca, il suo progetto diventa creare un impero milionario, poiché capisce quel che può ottenere con le sue capacità, che finalmente trovano uso. Allora la tracotanza né non è una colpa intrinseca al personaggio di Walter White né, al contempo però, è una colpa generica, ma consiste nell'aver dapprima giustificato i mezzi col fine e, soprattutto, poi, nell’aver sacrificato il fine nobile e giusto al capitale, se così posso dire, al guadagno illimitato. Ha sapore di punizione mitica greca la scena in cui Walter Heisenberg White, solo col suo barile letteralmente pieno di soldi e la sua supercar senza benzina, non può far altro che farlo rotolare.
    Concludo qui, anche se sarei felice di commentare ancora di questa serie con te, e complimenti per come scrivi. In particolare, «you’re goddamn right» Breaking Bad «è una di quelle opere in cui il finale è solo un punto in fondo ad una lunga frase ben costruita quando scrivi»!

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    1. Quando dici che Walter White e Heisenberg "si trovano in un conflitto continuo e tutt’altro che lineare, logico e lucido", esponi una grande verità, e io credo che proprio da ciò nascano le tante possibili letture che si possono dare di questo personaggio. La tua mi sembra giustificata, accurata ed interessante. Non avevo pensato a quanto fosse emblematica l'immagine del barile pieno di banconote che però non può che essere rotolato, passato - almeno per qualche ora - da preziosissimo tesoro a fastidiosa zavorra. Se non ricordo male, ho letto da qualche parte che perfino sul set si è presentato un divario simile a quello tra la mia e la tua lettura: Bryan Cranston era del tutto convinto che il signor White fosse, nel profondo, un uomo buono, mentre Vince Gilligan sembrava vederlo in maniera meno positiva. Non sempre simili differenze di interpretazione portano buoni risultati, ma in questo caso credo che abbiano donato a Breaking Bad un'affascinante ambiguità.
      Grazie per i complimenti. :D

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    2. Potrebbe essere utile a trovare indizi per decidere dell’originale natura di White guardare con più attenzione i flashback della prima stagione. Da come me li ricordo (ancora non sapevo che sarebbero stati così importanti) erano carichi di rassegnazione e tristezza più che di rancore.
      Inoltre, per approfondire l’analisi del personaggio di White, non si può prescindere da Jesse. Alla fine sembra essere lui l’eroe della serie (forse anche più di Hank) perché, al di là di subire un infinito numero di prove e torture, è il perfetto contraltare di Heisenberg: agli antipodi rispetto all’uomo sottomesso che si costruisce una granitica e scientifica maschera brutale, Jesse rappresenta l’esistenza tormentata che non trova pace, che non si spiega tutto con un calcolo razionale e che, infine, cerca di attenersi ad una pur vaga idea di giustizia, in nome della quale, dulcis in fundo, rifiuta il ruolo del giudice-boia.

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    3. I flashback della prima stagione non li ricordo benissimo, all'epoca, se non ricordo male, mi erano sembrati pieni di frustrazione repressa (per esempio nel rapporto tra Walt e Hank). Quello che mi ha colpito - e mi ha spinto poi a scegliere la lettura che ho esposto nell'articolo - sono piccoli attimi sparsi lungo le prime stagioni che mi sembravano indicare che sotto le nobili ragioni del signor White ci fosse qualcos'altro, un desiderio di rivalsa che era soltanto accennato: uno, secondo me piuttosto chiaro, è il «Stay out of my territory» pronunciato con fredda determinazione alla fine della seconda stagione, che è forse il primo momento a preannunciare davvero quello che poi succederà. Ho visto sotto questa luce anche i momenti di improvvisa guida sportiva che spuntavano qua e là. Infine, ho tenuto conto del fatto che durante le ultime stagioni un concetto viene ripetuto più volte durante le discussioni con Walt, sia da Skyler sia da Hank: «Io non so chi sei», fino ad un attimo prima ero convinto di conoscerti ma ora non so più chi è l'uomo che mi trovo davanti. Ovviamente, tutti questi elementi possono essere interpretati in più maniere; quella che poi ho scelto mi sembrava particolarmente interessante. Il modo in cui contrapponi le esistenze di Walt e Jesse mi trova d'accordo.

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    4. P.S. Nel rifiuto finale di Jesse, tra l'altro, ci ho visto anche la definitiva ribellione dell'allievo al maestro. Jesse vede che Walt è ferito e capisce che vuole che gli spari per porre fine alle sue sofferenze: egli la vede come l'ennesima, insopportabile manipolazione e getta la pistola a terra, rifiutando, come giustamente dici tu, il ruolo del «giudice-boia».

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  2. Sto cercando indizi che confermino la mia tesi dell’originale bontà di Walter ma attualmente non ne trovo, se non, genericamente, l'impressione che mi ha suscitato la prima stagione. Forse, devo ammetterlo, è dovuta al fatto che che nelle prime puntate la mia percezione del personaggio interpretato da Cranston risentisse del suo essere l’Hal di «Malcolm in the middle»: uno sfigato, buono, fondamentalmente, preso in giro dalla vita. La scena iniziale di Breaking Bad: lui nel deserto, in mutande, letteralmente, era decisamente "alla Hal" (e ci penso ora: questa con la scena del barile potrebbero comporre un bel cerchio).
    Le guide sportive di White sono certamente espressione del suo desiderio di rivalsa. In particolare il poter consumare le gomme a fare gli otto nei parcheggi e dare fuoco alle macchine di lusso appena comprate sono l’opposto di Skyler che impacchetta e vende soprammobili per arrivare a fine mese. Tuttavia, non vedo cattiveria nel comportamento di Walter. Inoltre, il fatto che i suoi intimi non lo riconoscano più significa esattamente che c’è stato un voltafaccia da parte sua, e questo conferma che prima di essere malvagio, sadico e sconsiderato era buono, tranquillo e, soprattutto, modesto (qualità che perde strada facendo).
    Mi sorprende - perché non l'avevo vista così - come interpreti l’ultima scena e, di conseguenza, il mio commento. Sicuramente c’è la ribellione dell’allievo ma la intendo in senso diverso da te: non è che Jesse non voglia più essere manipolato, è che non vuole dar retta all’insegnamento vendicativo e sanguinario di White, ne ha avuto abbastanza di morti e vendette («I’m out»).

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    1. La cattiveria di Walt - se così vogliamo chiamarla - per me è nascosta, ed emerge lentamente con il passare del tempo e l'infrangersi degli ostacoli morali; è un germe, forse presente in ognuno di noi, che entro certe condizioni può attecchire oppure no. Forse Walt cede alla propria smania di vendetta, sempre sopita, soltanto perché il destino lo mette davanti alla possibilità concreta di farlo. Se non avesse avuto il cancro sarebbe vissuto fino alla fine dei suoi giorni, probabilmente, rimanendo il frustrato e depresso, ma dopotutto rispettabile ed onesto, insegnante di chimica che era.
      Quello che mi ha colpito di quei «Non so più chi sei» è il fatto che fossero sorprendentemente schietti, scarni. Non un «Sei cambiato», ma un «Solo ora, forse, riesco davvero a vederti per quello che sei». Nell'ultimo dialogo con Skyler, Walt dice che quello che ha fatto l'ha fatto per sé, perché lo faceva sentire vivo, abbandonando le nobili motivazioni familiari che a lungo andare avevano finito per suonare sempre più come giustificazioni di circostanza.
      La manipolazione di Walt nei confronti di Jesse per me è un elemento capitale all'interno delle ultime stagioni, e forse persino anche da prima; sicuramente diventa di fondamentale importanza dal finale della quarta stagione, e alimenta il gioco emotivo di fondo tra lo spettatore e la serie: Walt è un personaggio con cui inizialmente sei spinto a simpatizzare; prende scelte sbagliate e pericolose, ma lo fa per un fine del tutto comprensibile. Via via che la serie procede, tuttavia, colui con cui ci identifichiamo compie azioni sempre meno giustificabili e sempre più crudeli, per cui chi guarda si trova nella situazione di scivolare lentamente ed inesorabilmente dalla parte del torto. La sensazione che ho provato guardando la serie è che anch'io, come Skyler, Marie e Hank, avessi conosciuto un uomo e mi stessi rendendo conto che dentro di sé non era quello che pensavo. Il legame sempre più complicato tra lui e Jesse, che pur avendone tutte le premesse, non diventa mai vero cameratismo tra amici, fa parte di questo. Magari ho visto le cose in questo modo anche perché di Malcolm In The Middle ho solo vaghi ricordi.

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  4. Sì, mi trovi d’accordo: per Walt vale il detto che è l’occasione a render l’uomo ladro, dico, narcotrafficante.
    Per quel che riguarda gli atteggiamenti di Hank, Skyler e Marie, non capisco se con quel «schietti, scarni» con cui li descrivi vuoi indicare che la loro reazione fosse poco credibile (e ci potrebbe stare), oppure se vuoi insinuare che anche loro avevano la tua stessa impressione (ed era l’idea Gilligan di cui scrivevi sopra) che W.W. fosse solo una bomba ad orologeria. In questo secondo caso, forse mi stai convincendo a rivalutare la sua originaria bontà. Se Hank, Skyler e Marie confermano, un’espressione come «riesco a vederti per quello che sei» significa che W.W. è diventato ciò egli era sin dal principio, mentre un «sei cambiato» significa una trasformazione che è il tradimento e la negazione di ciò che si era inizialmente. Allora forse non è vero che Walter è solo un Hal invecchiato… a proposito, mi pare che Gilligan, all’inizio, abbia giocato abbastanza su questo metamorfosi e potrebbe valere la pena guardarsi qualche puntata di Malcolm.
    Infine, mi trovi perfettamente d’accordo su come delinei il percorso di immedesimazione dello spettatore in W.W.: Breaking Bad ti pone la domanda, sino a dove vuoi seguire Walter? sino a Heisenberg? Il meccanismo è lo stesso di Dexter ma non c’è paragone sui risultati.

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    1. Al contrario, io ho trovato molto ben recitate le loro reazioni di fronte alla caduta della maschera del bonario e frustrato professore di fisica. Mi è parso che la schiettezza delle battute evidenziasse il loro disorientamento ed inquietudine di fronte a Walt. Non lo riconoscono: non vedono in lui nulla di familiare, il che secondo me indica qualcosa di molto più grande di un cambiamento caratteriale, che per quanto violento non avrebbe potuto spazzare via completamente il signor White del passato, a meno che quest'ultimo non fosse soltanto un'illusione. Walt spesso è a disagio con Hank e Marie, anche prima di iniziare la sua avventura nella criminalità cittadina; mi ha sempre dato l'impressione di essere molto represso e passivo, e credo che loro, insieme a Skyler, non se ne accorgano o lo considerino parte del suo carattere. Le scene in cui egli rivela se stesso (quello vero, secondo me) a loro - «I am the one who knocks», oppure la discussione con Hank nel garage nella quinta stagione - sono scene in cui Walt (o Heinsenberg) si impone con forza, mostrando una determinazione ed un'aggressività che per gli altri non gli appartengono, ma che noi, che possiamo seguirlo silenziosamente anche nei suoi momenti di solitudine, sappiamo essere soltanto ben nascoste. Il Walt che si allea con Jesse scopre in sé, forse, una virilità (anche e soprattutto nel senso latino del termine) che credeva perduta: non a caso, secondo me, la prima puntata si chiude sull'inizio di un amplesso molto passionale - e alquanto insolito, almeno a giudicare dalla reazione di Skyler. :D Il focalizzarsi sulle macchine o sulla guida secondo me enfatizza questo aspetto: la scalata del sottobosco criminale, con tutti i suoi rischi, restituisce a Walt quell'energia creativa e conquistatrice che pensava di aver perduto per sempre, risvegliando ambizioni soffocate. Per lo stesso motivo detesta il sito creato dal figlio per raccogliere soldi per l'operazione: come può un genio della chimica degno del premio Nobel ed in grado di creare la più pura metanfetamina sul mercato accettare di essere visto dalla società come un inetto obbligato ad affidarsi alla carità degli altri?
      Credo anch'io che Gilligan abbia giocato con l'immagine di Hal/Bryan Cranston, e sono d'accordo sul fatto che una nuova visione di Malcolm sia necessaria a questo punto, se non altro perché da quello che ricordo era una serie spassosissima. Di Dexter ho soltanto sentito parlare, rispetto a Breaking Bad è meno soddisfacente?

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    2. * professore di chimica. Scusa, è un po' tardi e do i numeri. :)

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