domenica 26 febbraio 2017

Jackie, la recensione


Sono bastati tre colpi di fucile a mandare in frantumi i sogni e le promesse della presidenza Kennedy; un solo proiettile è stato sufficiente per far piombare sull’elegante tailleur della First Lady il cranio aperto del marito. Il film diretto da Pablo Larraín e sceneggiato da Noah Oppenheim concentra tutta la propria attenzione sulla donna al centro di una delle pagine più nere della storia americana, che ha incarnato con dignità e forza d’animo il lutto di una nazione pur travolta dal proprio immenso e personale dolore. 

Jackie è la superstite di una terribile catastrofe; con lo sguardo perso nel vuoto si aggira tra le grandi sale della Casa Bianca, che lei aveva voluto rimodernare e restaurare con un preciso piano estetico in mente. Donna giovane e moderna, comprendeva il potere dei media e il bisogno della nazione americana di costruirsi una propria mitologia; aveva accettato di condurre per la televisione una visita guidata nelle stanze della dimora presidenziale, avendo così modo di presentare agli elettori il nuovo volto che aveva dato ad uno dei più significativi monumenti degli Stati Uniti, scagionandosi dall’accusa di essere una sperperatrice impenitente. Larraín infila l’obbiettivo della macchina da presa nel buco della serratura e la osserva durante i suoi ultimi, tristi giorni di permanenza a Washington, mentre scivola irrequieta da una stanza all’altra, circondata da lussuose suppellettili trasformatesi nel giro di poche ore in arredi funebri. Una steadycam che sembra piombata sul posto direttamente dai labirintici corridoi dell’Overlook Hotel la pedina con discrezione, come qualcuno che seguisse col fiato sospeso un fantasma in una tomba egizia. Il sogno di una presidenza che potesse dare vita all’ideale di una Camelot americana (un’immagine a cui sia John F. Kennedy che la moglie erano molto affezionati, e che traeva origine da un musical del 1960) si è interrotto prima ancora di aver potuto davvero cominciare. Tuttavia, la giovane vedova è determinata a fare sì che il suo ricordo viva per sempre nella memoria collettiva grazie ad un maestoso corteo funebre, mettendo in piedi, probabilmente in maniera inconscia, un palco per la propria sofferenza.


Larraín dipinge un ritratto psicologico di Jackie nella settimana più difficile della sua vita, facendosi coreografo di un complicato duetto tra Natalie Portman e il direttore della fotografia Stéphane Fontaine; la coppia dà origine ad un gran numero di primi e primissimi piani d’insopportabile intensità, tanto da ricordare il leggendario La passione di Giovanna d’Arco (La Passion de Jeanne d’Arc) diretto da C.T. Dreyer nel 1928. L’attrice israeliana dà corpo e anima ai tormentati e ribollenti sentimenti della ex-First Lady con un’interpretazione di grande potenza, sincerità e profondità. La personalità di Jackie è una collezione di frammenti che il fucile di Lee Harvey Oswald ha allontanato gli uni dagli altri; c’è sì la donna fredda e risoluta, pronta a revisionare completamente l’intervista appena rilasciata per essere sicura che comunichi ciò che lei desidera, ma anche la vedova addolorata che piange disperatamente raccontando della terribile mattina a Dallas. Per tenerli insieme è necessario lo stoico coraggio di un’eroina tragica. 

Al centro di Jackie c’è un’ingarbugliata matassa emozionale che scuote, sciocca e commuove. La colonna sonora composta da Mica Levi afferra gli spettatori per lo stomaco: un giro d’archi evolve velocemente in dissonanza, la familiarità si tramuta in straniamento. La ricostruzione storica di ambienti e costumi è certosina, e Larraín ed il montatore Sebastián Sepúlveda cuciono insieme filmati dell’epoca e riprese del 2016 con tale precisione da rendere del tutto impercettibile la sutura. 

È impossibile rimanere indifferenti al racconto solenne e viscerale di Jackie. Per un’ora e quaranta minuti ci è concesso di spiare l’intimità della protagonista principale di alcuni dei giorni più difficili degli Stati Uniti, lasciando che la storia sia lo sfondo su cui tratteggiare un dettagliatissimo ritratto di un’icona del mondo moderno, strappata dalle pagine dei giornali e delle riviste patinate per gettare uno sguardo sotto la sua maschera e restituirle un senso di dolente umanità, con la consapevolezza che la verità è materia perennemente inafferrabile. Jackie è una donna che soffre sullo schermo con strabiliante e vivida forza.

Nessun commento:

Posta un commento