martedì 7 febbraio 2017

La La Land, la recensione


Attenzione: in questo articolo si parla del finale di La La Land. Se non l'avete ancora visto e non desiderate ricevere spoiler, non proseguite la lettura. 

L'aspirante attrice Mia (Emma Stone) e il pianista di belle speranze Sebastian (Ryan Gosling) si scontrano, si incontrano, ballano, cantano e si innamorano lungo le strade di una Los Angeles rappresentata come l'affettuosa somma di tutti i suoi stereotipi. L'assolata città della California è una grande sala d'attesa a cielo aperto per i tantissimi giovani artisti che vengono attirati nella sua orbita, pronti a tentare una coraggiosa scalata all'olimpo hollywoodiano. Another Day of Sun, il numero d'apertura di La La Land, è un luminoso inno alla perseveranza e all'ottimismo; il resto del film, però, si concentra sulla frustrazione dei suoi protagonisti, il cui momento di gloria sembra non voler arrivare mai.



Quello che tutti in fondo cercano, in mezzo alle paillette e allo champagne, è someone in the crowd, qualcuno tra la folla che sappia vedere la loro unicità: ciò che accomuna gli artisti e gli innamorati è il bisogno di essere amati intimamente, senza riserve, ed entrambe le categorie soffrono profondamente se viene loro opposto un rifiuto (che silenziosamente dice: «Non riesco a comprendere perché tu sia speciale»). Mia e Sebastian sono primi a vedere l’eccezionalità l’uno nell’altro, l’occhio di bue che illumina il loro capo quanto creano qualcosa che li rappresenta davvero. L’errore che entrambi compiono è di allontanarsi dal proprio sogno per non soffrire più a causa di esso: i due innamorati si riporteranno reciprocamente sulla giusta e sofferta strada, nonostante i litigi, contribuendo in maniera fondamentale al successo l’uno dell’altra (e viceversa). Il finale di La La Land non nasconde l’amaro della realtà sotto uno spesso strato di melassa: una storia d’amore così intensa può esistere soltanto nel passato, nei rimpianti e nei ricordi, ma non nel presente. È una brace sempre accesa che non può tornare fuoco: ciò che le appartiene è un’intensa nostalgia, che insieme ferisce ed inebria. Il malinconico sorriso che si scambiano Mia e Sebastian prima che il cartello con la scritta «Fine» piombi sullo schermo è il punto al termine di un gran bel racconto, arrivato nel momento migliore.


I balli e i duetti nei quali sono impegnati Ryan Gosling ed Emma Stone non sono dotati di impeccabile e rigorosa tecnica, ma di una naturalezza amabilmente goffa. I due attori cantano con un filo di voce, sussurrano le parole, ridacchiano tra i versi: l’obbiettivo non è mai la perfezione, ma l’emozione. Chi non sbaglia un passo lungo tutti i 128 minuti di La La Land è Damien Chazelle, il trentaduenne regista, salito alla ribalta nel 2014 con l’energico Whiplash. Come un attento direttore d’orchestra, Chazelle amministra con grande bravura filmico e profilmico, accende e spegne le luci, attraversa i muri, porta la macchina da presa dove più gli piace, annullando la gravità per permetterle di riprendere un romantico ballo tra le stelle, lanciandola in piscina oppure infilandola con grazia tra le macchine in coda in autostrada. I colori sono saturi, solari, californiani. Come nel canto, anche nella recitazione Chazelle sembra voler ricercare la spontaneità ed un certo realismo nelle reazioni, senza però rinunciare ad essere pop, leggero ed un po’ (adorabilmente) ruffiano. La La Land gioca con la storia del cinema in maniera spensierata, citandola spesso in maniera diretta con il sincero entusiasmo dell’appassionato (questo video suggerisce alcuni paragoni); il riferimento più evidente è indubbiamente quello a Casablanca (Michael Curtiz, 1942). Justin Hurwitz, sodale di lunga data del regista (suonavano nella stessa band all’università, ed hanno collaborato per Whiplash e Guy and Madeline on a Park Bench, cortometraggio d’esordio di Chazelle), distribuisce su un tappeto di batteria appena accennata trilli, corde pizzicate, ottoni squillanti e fiati leggiadri, relegando le esplosioni musicali vere e proprie a pochi momenti ben circostanziati, preferendo per il resto ribollire sotto i fotogrammi, lasciando molto spazio alla nuda voce dei protagonisti.
La La Land è brioso, romantico, nostalgico, appassionato, commovente, a prescindere dai premi e dalle nomination; fa di tutto per piacere, ma lo fa così bene che è davvero difficile – se non impossibile – non innamorarsene almeno un po’.

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