Star Wars Rebels, la seconda stagione
Dopo cinque stagioni e mezza di Star
Wars: The Clone Wars (qui, qui e qui la mia recensione) e una di Star
Wars Rebels (ne parlavamo qui), appare chiaro come a Dave Filoni
piaccia sviluppare i suoi personaggi con calma, prendersi il tempo di
intessere relazioni, creare contese, chiarire punti di vista. Una
volta che l'insieme dei soggetti in gioco sarà abbastanza ampio sarà
possibile creare intrecci più complessi, anche in virtù degli
eventi passati di cui siamo a conoscenza. La seconda stagione di Star
Wars Rebels inizia cambiando radicalmente le carte in tavola: nel
doppio episodio di apertura The Siege of Lothal il gruppo di ribelli
capitanato da Hera e Kanan si trova costretto ad abbandonare il
pianeta che fino a quel momento era stato la loro base a causa di un
violentissimo attacco imperiale, orchestrato nientedimeno che da
Darth Vader, per nulla snaturato – come si poteva giustamente
temere – ma invece crudele, feroce e spietato, doppiato come sempre da James Earl Jones. Il signore dei Sith
infliggerà un durissimo colpo alla embrionale Ribellione e ad Ezra e
Kanan, non in grado, ovviamente, di avere la meglio su di lui in
duello. L'equipaggio della Ghost entrerà quindi a fare parte a tutti
gli effetti della piccola flotta del comandante Sato, e ben presto
emergerà la necessità di trovare una base dove nascondere mezzi,
piloti e militanti.
Il filone narrativo preponderante della stagione sembra essere il rapporto tra passato e presente, tra Repubblica e Impero, tra trilogia prequel e originale; esso viene espresso dal ritorno di alcuni dei personaggi più amati di Star Wars: The Clone Wars, prima tra tutti Ahsoka Tano, la Padawan di Anakin che aveva abbandonato l'Ordine dei Jedi divorata dai dubbi sull'operato del Consiglio durante la fine delle guerre dei cloni, divenuta poi una leader all'interno della nascente Ribellione con il nome in codice di Fulcrum. Ignara del destino del suo maestro, la sua crescente e dolorosa consapevolezza (che prelude all'inevitabile scontro tra i due) si sviluppa lungo più momenti ed episodi fino a culminare nel finale, che ha fatto (e farà) parlare molto di sé, ed in cui non entreremo per ora nel dettaglio, evitando di rovinare la sorpresa a chi non l'avesse ancora visto. Diremo soltanto che, dei molti modi in cui poteva essere gestito un momento tanto delicato, si è scelto forse uno dei più coraggiosi ed insieme, paradossalmente, prudenti.
Ahsoka non è però l'unico personaggio
molto amato a ritornare: dopo di lei ricompare anche il clone Rex, il
capitano a capo della 501a Legione sotto il comando del
Generale Skywalker, che avendo rimosso il chip inibitore scoperto da
Fives, all'epoca ritenuto impazzito, durante la sesta stagione di
Star Wars: The Clone Wars, non ha eseguito l'Ordine 66,
presumibilmente abbandonando l'esercito alla fine della
guerra. I rapporti tra lui e Kanan, che ha visto con i suoi occhi la
propria maestra, Depa Billaba, venire trucidata dai loro stessi commilitoni,
sono ovviamente molto tesi e trovano la loro massima espressione ed
approfondimento in Stealth Strike.
Nel doppio episodio finale,
inoltre, fa la sua ricomparsa Darth Maul: qualcuno potrà
legittimamente chiedersi perché lo zabrak continui a rispuntare
fuori nella galassia a più di un trentennio dalla sua sconfitta su
Naboo e a più di dieci anni da quella subita su Mandalore per mano
di Palpatine in persona, ma è anche vero, a ben vedere, che può
risultare certamente interessante l'avere un antagonista non
schierato con l'Impero e, anzi, contro di esso. Forse a colpire di
meno è la comparsa della principessa per antonomasia di Star Wars,
Leia, in A Princess on Lothal: per il momento soltanto giovanissima
senatrice segretamente alleata con la Ribellione, non si può dire
che sia un personaggio scritto male, ma forse soltanto meno incisivo,
per ora, della sua controparte cinematografica (la comprensibile
mancanza di Carrie Fisher potrebbe aver influito). Altri graditi
ritorni sono quelli di Hondo Ohnaka, l'inaffidabile pirata dalla
battuta fulminante sempre pronta, e Cham Syndulla, il leader della
resistenza ai separatisti prima e all'Impero poi su Ryloth, che
incontrerà nuovamente la figlia Hera dopo anni di separazione
causata dalle radicali divergenze di vedute.
Ovviamente, oltre a
rivedere vecchie conoscenze ne facciamo anche molte di nuove, tra cui
un piccolo gruppo di lasat sfuggiti alla distruzione del loro pianeta
da parte delle forze imperiali, un gruppo di mandaloriani
sopravvissuti alla guerra civile, il progettista originale del primo
B-Wing, l'ex-governatore di Lothal (un vecchio amico dei genitori di
Ezra) ed altri ancora. Tutti, in qualche modo, contribuiscono a far
riemergere il passato dei singoli protagonisti, che viene lentamente
esplorato e parzialmente chiarito. Se nella prima stagione il fulcro
era sul presentare i singoli personaggi e stabilire le dinamiche
della loro piccola cellula ribelle, ora il campo di interesse si
allarga a comprendere le loro relazioni con terzi, il modo in cui
esse si articolano o si sono articolate, la maniera in cui gli eventi
passati influiscono sul loro presente. Tra le puntate più
interessanti in questo senso va indubbiamente annoverata The
Honorable Ones, in cui Zeb e l'agente Kallus (l'imperiale a capo
dell'attacco che distrusse il pianeta del lasat) si ritrovano
costretti a sopravvivere insieme su una piccola luna in attesa di
soccorsi; raramente prima si era tentato, all'interno dell'universo
starwarsiano, di rendere così profondamente umano un militante tra
le fila imperiali. Il finale dell'episodio, poi, è, secondo la mia
umile opinione, tra i migliori.
In tutto questo, quelli che forse
rimangono più in secondo piano sono gli inquisitori, che in fondo
rimangono entità caratterizzate quasi unicamente dal ruolo
all'interno della storia e dal costume. Se anche la loro importanza
nella serie dovesse gradualmente diminuire, come pare di capire dalle
dichiarazioni rilasciate in alcune interviste da Dave Filoni, non se
ne sentirebbe più di tanto la mancanza.
Il principale punto di forza di Star
Wars Rebels fino a qui rimane lo stesso di Star Wars: The Clone Wars:
c'è infatti una cura particolare nella caratterizzazione dei
personaggi e nei dialoghi, soprattutto per un prodotto derivato da
un'altra opera, della durata di appena venti minuti e pensato per un
pubblico piuttosto giovane. Tenendo a mente i precedenti, si può ben
sperare che nella terza stagione la serie continui ad essere una
degna aggiunta al canone di Star Wars; la situazione posta in essere
dal finale, che vede il gruppo di protagonisti costretto ad
affrontare grandi cambiamenti, sfide ardue e tentazioni del Lato
Oscuro sempre più tangibili, promette sviluppi avvincenti.
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