lunedì 23 gennaio 2017

Note su Arrival


Tra le armi create dall’uomo, nessuna è più potente ed efficace del linguaggio. Sin dall’antichità le parole sono state molto più che semplici emissioni di voce a cui è attribuito un significato: incantesimi e formule, una volta pronunciati, hanno un effetto tangibile sulla realtà. Al dio della Bibbia, per illuminare la sua creazione, è bastato dire «fiat lux». Il mago Merlino di Excalibur (John Boorman, 1981) è il saggio custode della magia del fare, in grado di alterare le sembianze e saturare l’aria con il denso respiro del dragone.

Una popolazione è caratterizzata ed identificata dal proprio linguaggio: l’insieme dei vocaboli rappresenta la scala dei suoi valori ed il modo in cui essa viene interpretata. Tramite i tempi verbali si può ricostruire la maniera in cui il tempo è frazionato, e la struttura delle frasi dà, a chi ne possiede un'accurata conoscenza, la possibilità di intuire i metodi di ragionamento sottostanti. La pratica semplicità dell’inglese rivela la lunga esperienza di commercianti e navigatori degli abitanti delle isole britanniche; la convoluta raffinatezza dell’italiano ne sottolinea le origini letterarie. Una lingua è il risultato di una specifica visione del mondo, e soltanto comprendendola a fondo è possibile conoscere davvero chi la utilizza.


Queste riflessioni sembrano piuttosto lontane dall’universo estremamente moderno della fantascienza: in realtà, però, non è così. In un certo senso è del tutto possibile interpretare il linguaggio come un’avanzatissima tecnologia, perfezionata nel corso dei secoli, data così per scontata all’interno della nostra vita quotidiana da passare inosservata. Si potrebbe dire, anzi, che esso sia un ottimo argomento per le opere narrative che trattano di futuro: nel punto in cui razionale ed irrazionale si toccano, dando modo ai fantasmi dell’età scientifica di apparire, il misterioso potere delle parole, studiato ed analizzato accuratamente da manipoli di esperti, si trova perfettamente a suo agio.

La sceneggiatura di Arrival (Denis Villeneuve, 2016) è tutta imperniata sul linguaggio e sulla sua capacità di dare forma alla realtà in cui viviamo. Il debito nei confronti di Incontri ravvicinati del terzo tipo (Close Encounters of the Third Kind, Steven Spielberg, 1977) è chiaro e riconosciuto, tanto che una delle sequenze iniziali lo cita esplicitamente; ma lo svolgimento è tanto diverso che la parentela è presto dimenticata. Il viaggio – mentale, più che fisico – che la linguista Louise (Amy Adams) compie all’interno del film è immenso, sconfinato, rivoluzionario. Le creature aliene hanno corpi completamente diversi da quelli terrestri, ma non è in essi che si trova la differenza più importante, quanto piuttosto nel ragionamento, nella visione del mondo, che solo il linguaggio è in grado di scandagliare, in maniere che surclassano perfino l’avanzata fisica teoretica dello scienziato Ian (Jeremy Renner). La scrittura è l’unica forma di comunicazione che supera l’incredibile distanza tra umani ed ectapodi; solo tramite la comprensione del significato profondo che si cela dietro la struttura di ogni segno si è in grado di attraversare un confine altrimenti invalicabile. Il montaggio dichiara, forse in maniera più esplicita rispetto a molti altri film, la sua natura di strumento per la riorganizzazione del tessuto della realtà. Inizialmente, Arrival sembra in continua espansione, una linea retta a cui vengono sempre aggiunti segmenti; quando il suo percorso giunge alla fine, però, esso si chiude ad anello, con una pulizia ed una chiarezza prima quasi insospettabili. Louise, un po’ come Prometeo, porta agli uomini una luminosa innovazione, ma ciò che davvero interessa a Villeneuve – e a noi spettatori – è il suo universo emotivo, messo a nudo dai tanti primi e primissimi piani, e raccontato con discrezione, quasi con riserbo, senza la pretesa di esporre tutta l’interiorità di una persona in una manciata di battute. Nonostante la dimensione delle rivelazioni al suo interno sia quasi inconcepibile, l’animo di Arrival è sorprendentemente intimo.


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