giovedì 2 gennaio 2020

Ritratto della giovane in fiamme (Portrait de la jeune fille en feu, Céline Sciamma, 2019)


L’evento che mette in movimento la trama di Ritratto della giovane in fiamme è l’ostinato rifiuto di Héloïse (Adèle Haenel), giovane figlia della contessa (Valeria Golino), di farsi ritrarre in un dipinto, da inviare come presentazione al nobile milanese con cui la madre, vedova, desidererebbe maritarla. La protagonista, Marianne (Noémie Merlant), pittrice come suo padre prima di lei, viene convocata nel palazzo della nobildonna, un tempo appartenuto al coniuge, situato su un’isola bretone, a poca distanza dalla frastagliata costa dell’Atlantico e immerso in una natura aspra, primordiale e selvaggia, apparentemente come compagna di passeggiate per Héloïse, che la madre tiene segregata in casa senza permetterle di uscire autonomamente per paura che segua le orme della sorella maggiore, l’originario oggetto delle contrattazioni matrimoniali, che ha preferito suicidarsi lanciandosi da una scogliera piuttosto che accettare di porre il proprio destino nelle mani di un uomo sconosciuto, senza la possibilità di autodeterminarsi. La sua morte ha costretto la contessa a far uscire Héloïse, la figlia minore, dal convento in cui si era ritirata per non abbandonare il proprio progetto, che è ben lungi dall’essere del tutto altruista e disinteressato; la donna infatti soffre la lontananza dai piaceri e dalle attrazioni di Milano, città in cui ha passato la propria gioventù e in cui vorrebbe ritornare attraverso la scelta del genero. Affida a Marianne il compito di ritrarre Héloïse, che non accettando di posare ha già spinto alla resa un altro abile pittore, senza però che lei se ne accorga: dovrà lavorare di notte, alla luce delle candele, sfruttando le giornate spese insieme alla giovane per osservarla e memorizzarne i tratti. La vicinanza tra le due ragazze, tuttavia, porta al nascere di un forte sentimento.

Ritratto della giovane in fiamme ruota attorno al tema della ridefinizione della propria identità di donna tramite l’abbandono delle regole della società patriarcale. Héloïse, rifiutando di essere oggetto del quadro, si oppone alla rielaborazione e all’idealizzazione della propria immagine attraverso i canoni stabiliti nel corso del tempo dagli artisti e dai committenti di sesso maschile; negandosi reclama il controllo su di sé e sul proprio destino, non si rende complice di un’arte che non ha come obiettivo la verità o l’onestà, ma intende soltanto compiacere lo sguardo dell’uomo, rendendo il soggetto femminile niente di più che un oggetto da abbellire e non un individuo di cui esaltare le specifiche caratteristiche. La reinterpretazione del mito di Orfeo ed Euridice che viene proposta più avanti nella vicenda è da vedersi nello stesso modo: Euridice, nella lettura che ne dà Héloïse, non è più vittima di una decisione – sciagurata o deliberata che sia – del suo amato, ma è indipendente artefice del proprio destino. La ribellione di Héloïse è testarda ed assoluta: il convento è, dal suo punto di vista, un’enclave femminile in cui poter essere libere dalle leggi non scritte che regolano il ruolo pubblico della donna, una dimensione altra dove è possibile cantare e suonare senza vergogna. A partire dal titolo e a seguire in più momenti lungo la vicenda Sciamma associa la giovane appassionata all’ardore della fiamma, soprattutto nello sguardo di Marianne, che fin dal loro primo incontro resta profondamente colpita dal suo animo indomabile e orgoglioso.

Anche Marianne è sotto molti aspetti una ribelle, anche se forse, grazie ai meno nobili natali, più integrata nel tessuto della società: prende su di sé gli affari del padre, ne segue le orme e assume un ruolo di artista (di creatrice di immagini, e quindi di messaggi e di significati) storicamente appannaggio quasi esclusivo del sesso maschile, senza farsi intimidire dalle limitazioni che le vengono imposte dall’esterno, cercando modi per aggirarle. Inizialmente alla base del suo rapporto con Héloïse è ancora presente la tradizionale distanza tra l’artista (maschile) e il suo soggetto (femminile), che porta al primo dipinto fallimentare, che seguendo le convezioni classiche non riesce a catturare davvero l’essenza profonda di Héloïse. Il breve viaggio della contessa allontana dal palazzo l’unico personaggio che accetta davvero le norme patriarcali cercando di sfruttarle a proprio vantaggio, e nel vuoto che si viene a creare l’affetto tra le due ragazze ha modo di sbocciare e svilupparsi, dando vita ad un assetto familiare privo di gerarchie e profondamente paritario, che coinvolge anche la giovane serva Sophie (Luàna Bajrami). È una società femminile e femminista, che si esprime artisticamente in modo più collaborativo e attraverso soggetti che nessun pittore di sesso maschile sceglierebbe spontaneamente, come un aborto. L’avvocatessa Nora (Laura Dern) sottolinea del resto in Storia di un matrimonio (Marriage Story, Noah Baumbach, 2019) che alla base della nostra società cristiana sta l’icona sacra di Maria, la perfetta madre di Dio, sempre amorevole e sottomessa al volere di un dio maschile, una purissima, asessuata ed estremamente idealizzata vergine che accetta silenziosamente una maternità che le viene imposta dall’alto senza opporsi. Il rifiuto della gravidanza porta le tre ragazze a venire a contatto con un mondo sommerso esclusivamente femminile, abitato dalle donne di un paese vicino che si ritrovano attorno al fuoco come streghe, ma l’immagine del sabba perde le sue comuni accezioni sessuali e peccaminose per trasformarsi in un momento di serena condivisione e vicinanza in uno spazio libero da uomini e da imposizioni, ruoli e regole sociali che soffocano e costringono e che essi reiterano e rafforzano.

L’equilibrio instaurato dalle tre ragazze è bellissimo ma purtroppo effimero: il ritorno della contessa si annuncia (non casualmente) tramite l’apparizione di un servo e ristabilisce i rapporti tradizionali, riportando Sophie al suo ruolo subordinato e separando Marianne e Héloïse. Ciò che è stato, però, non è dimenticato, ma solo nascosto, trasmesso tramite messaggi in codice che le altre persone – in maggioranza uomini – non possono comprendere. Ritratto della giovane in fiamme è un racconto profondamente calato nel contesto storico che fa da sfondo alla vicenda ma allo stesso tempo acutamente moderno nella scelta del discorso da portare avanti attraverso le immagini e le azioni dei personaggi. La storia d’amore tra Marianne ed Héloïse permette a Sciamma di descrivere le dinamiche di una società femminile ideale, dove i valori di riferimento sono l’uguaglianza, la collaborazione e l’empatia, e di ridefinire i rapporti tra amante e amata e tra artista e soggetto al di fuori dello strapotere dello sguardo maschile.

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