lunedì 16 novembre 2020

The Mandalorian – Capitolo 11: L’erede

 
Mentre l’episodio rilasciato la scorsa settimana, Il passeggero, era fondamentalmente una piacevole parentesi utile a sviluppare il carattere dei personaggi, coinvolgendoli in una piccola avventura la cui conseguenza più evidente era la quasi totale distruzione della Razor Crest (e la sparizione di una manciata di uova, rotolate giù per il tratto digestivo del Bambino), L’erede (The Heiress), invece, pur essendo più breve in termini di minutaggio, fa avanzare significativamente la trama, stabilendo un forte collegamento con le serie animate.

Dopo un atterraggio piuttosto complicato e non del tutto riuscito, il mandaloriano (Pedro Pascal) e i suoi compagni di viaggio approdano finalmente a Trask, la luna meta del loro viaggio. Il porto in cui sbarcano è un’ambientazione suggestiva e piuttosto inedita all’interno di Star Wars; la banchina è caotica e antiquata, un umido molo novecentesco dislocato nello spazio profondo, popolato da alieni, in maggioranza Quarren e Mon Calamari, vestiti con tradizionali abiti marinareschi solo leggermente riadattati. L’effetto è meno straniante di quello che si potrebbe pensare e perfettamente in linea con l’estetica dominante della creazione di George Lucas; nel rapportarsi del protagonista con tali creature immaginarie, esponenti principali di un mondo che è insieme familiare e nuovo, c’è davvero lo spirito del racconto fantastico. La riunione tra la signora anfibia e il marito è tenera come non ci si aspetterebbe, considerando che i personaggi coinvolti non hanno fattezze umane né un linguaggio comprensibile; l’emozione è comunicata interamente tramite i loro gesti, il tono dei loro vocalizzi, il montaggio e la musica, un piccolo ed umile saggio della potenza espressiva del cinema. Ancora una volta, dopo il molto riuscito Il rifugio (Sanctuary) nella scorsa stagione, Bryce Dallas Howard si rivela una regista di talento, in grado di gestire abilmente una grande varietà di registri, dai piccoli momenti intimi alle concitate scene d’azione.

Ovviamente, nessuna avventura marittima sarebbe completa senza pirati, che per la prima volta in Star Wars non operano tra le stelle, ma sull’acqua come le loro controparti terrestri; ed è proprio tra le grinfie di una simile masnada che il protagonista finisce suo malgrado, convinto a salpare con loro dietro la promessa di ricongiungerlo finalmente ai suoi simili, quando in realtà l’obiettivo della ciurma di Quarren è soltanto di uccidere lui e il Bambino per impossessarsi della preziosa armatura di Beskar. Ludwig Göransson inserisce nella colonna sonora una fisarmonica appena accennata, una scelta appropriata che richiama immediatamente bandiere nere con teschi e ossa incrociate. A trarre d’impaccio Din Djarin e il suo protetto è la provvidenziale di tre mandaloriani, che si liberano velocemente e senza difficoltà degli avversari. Il felice incontro è però quasi immediatamente rovinato dal gesto che compiono i nuovi arrivati, irritando il protagonista: rimuovere il casco. Giunge infine il momento di risolvere la domanda che ci accompagnava fin dal primo episodio della serie: da dove nasce il divieto di mostrare il proprio volto, in precedenza mai rispettato né menzionato da nessuno? Scopriamo trattarsi di una regola introdotta dai Figli della Guardia, setta estremista e reazionaria che, allontanatasi dalla società civile, si proponeva di riportare in auge le antiche tradizioni belliche di Mandalore. Il nome in lingua originale, Children of the Watch, evidenzia uno stretto legame con la Ronda della Morte (Death Watch), organizzazione terroristica introdotta in The Clone Wars, a cui apparteneva anche il guerriero che, nel flashback dell’ottavo episodio della prima stagione, salvava il giovane Din Djarin da morte certa, prendendolo sotto la propria ala. Si tratta di una rivelazione sia per il pubblico che per il protagonista, che probabilmente, non avendoli vissuti direttamente, è in gran parte all’oscuro degli sconvolgimenti politici che si celano dietro i dogmi del Credo che osserva. Latrice delle informazioni è la leader del trio di mandaloriani, Bo-Katan del clan Kryze, un personaggio ricorrente delle serie animate, il secondo, dopo Saw Guerrera, ad approdare al live action, e il primo a farlo mantenendo lo stesso interprete (Katee Sackhoff, convincente in entrambe le versioni). Mai negli episodi precedenti il collegamento con quanto narrato in altre opere era stato così forte. La donna è una veterana indurita dai molti conflitti scoppiati su Mandalore a partire dalla Guerra civile galattica; il suo obiettivo è riconquistare il proprio pianeta natale, e ad esso si dedica con dedizione e una certa mancanza di scrupoli. È interessante osservare come la sua filosofia di vita e quella del protagonista entrino in contrasto: il problema al centro della discussione è, in fondo, una questione di sopravvivenza, un tema che sotto un certo punto di vista è rimarcato dalla linea narrativa parallela riguardante l’aliena anfibia e la sua caparbia intenzione di far schiudere le sue uova per non porre fine al proprio albero genealogico. Per Bo-Katan, che per breve tempo è stata reggente di Mandalore e che ha vissuto tutta la sua vita tra battaglie e intrighi politici, sopravvivere significa lottare strenuamente per la riconquista di ciò l’Impero ha portato via a lei e al suo popolo, rifiutando di rassegnarsi; per Din Djarin, formato dalle regole della comunità ristretta in cui è vissuto, l’unico modo di proteggere le proprie tradizioni è votarsi alla discrezione e alla segretezza, abbandonando la speranza di riconquistare un pianeta che si dice sia ormai stato reso inospitale dalla dittatura, leggenda tuttavia confutata dalla sua interlocutrice, che la ritiene pura propaganda volta a dividere i mandaloriani in modo da renderli più facilmente controllabili. Le grandi differenze tra i due non vengono completamente risolte all’interno dell’episodio, che si conclude con una sorta di rispettosa tregua; una decisione narrativa realistica, saggia e sensata.

Nel momento in cui la conversazione verte sulla missione del mandaloriano, in cerca di Jedi a cui affidare il Bambino, Bo-Katan rivela di conoscere la posizione di uno di essi; in cambio dell’informazione, però, chiede che il protagonista si unisca ad una rapina che sta per mettere in atto ai danni di un trasporto imperiale carico di armi; tale azione occupa la seconda metà dell’episodio. Le sequenze che compongono l’assalto sono concitate e ben dirette, con alcune trovate – visive e di sceneggiatura – divertenti. L’attacco si conclude con successo, nonostante l’obiettivo si espanda considerevolmente, passando dal furto di un paio di casse alla conquista dell’intera nave, un cambio nei patti stretti precedentemente che alimenta la diffidenza di Din Djarin nei confronti di Bo-Katan. Quest’ultima interroga violentemente l’ufficiale a capo del mezzo, tentando di ricevere conferma dell'identità del supposto proprietario attuale della Spada Oscura, arma dalla storia mitologica il cui possesso è necessario per legittimare una rivendicazione al trono di Mandalore. Dall’inquadratura finale della scorsa stagione sappiamo che essa si trova nelle mani dell’antagonista principale della serie, Moff Gideon (Giancarlo Esposito); si preannuncia, quindi, uno scontro in cui la posta in gioco non sarà soltanto la salvezza del Bambino. Per evitare di esser fatto prigioniero, l’ufficiale si suicida con una capsula elettrica, un ingegnoso richiamo a quelle ripiene di cianuro utilizzate dai nazisti, il principale riferimento ideologico e storico dietro l’immagine dell’Impero galattico. Una volta ottenute le armi e la nave, comunque, Bo-Katan si rivela una persona che onora la parola data, indicando al protagonista il pianeta e la città dove recarsi per incontrare la Jedi Ahsoka Tano, il personaggio più importante introdotto in The Clone Wars, che con il tempo si è guadagnata un grande affetto da parte degli appassionati. Non è ancora chiaro se il suo ingresso in scena avverrà già nella prossima puntata o in quella successiva (il fatto che il quinto episodio sia scritto e diretto da Dave Filoni, che è il suo creatore, farebbe propendere per quest’ultima ipotesi), ma in ogni caso le aspettative sono già molto alte. Fino ad ora The Mandalorian è proseguita in larga parte su un binario parallelo rispetto alle serie animate; ora la convergenza è marcata e apparentemente duratura, e sarà molto interessante osservare a quali sviluppi porterà.
 

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